Per un figlio: una potente, minimalista storia universale

Nel sempre più desolante e inaridito panorama cinematografico italiano, dove i film vengono prodotti e distribuiti secondo rigide regole commerciali, i lavori di registi indipendenti nostrani appaiono come un bene prezioso da salvaguardare a tutti i costi: piccoli gioielli per un pubblico in cerca di alternative. Ma, a dispetto delle logiche economiche, per quanto tempo ancora perdureranno voglia di sperimentazione e urgenza di rappresentare i mutamenti della società in cui viviamo?

Antonio Augugliaro, uno degli autori dello splendido docu-film Io sto con la sposa, continua fortunatamente a credere che la Settima arte non sia soltanto uno strumento per fare soldi, ma soprattutto uno straordinario mezzo per raccontare i problemi e le ingiustizie di una realtà in evoluzione. Ed è proprio grazie a questa sua visione che la Gina Films di Augugliaro, in collaborazione con Gianluca Arcopinto, la Cineteca di Bologna e Kalà Studio, è riuscita a realizzare e distribuire un’imperdibile opera prima: Per un figlio. Scritto e diretto dal giovane esordiente Suranga Deshapriya Katugampala, srilankese di nascita emigrato in tenera età nel nostro Paese con la famiglia, il film parte da una storia universale, quella del conflitto generazionale madre-figlio, per tratteggiare poi le difficoltà a cui vanno incontro molti di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria.

Sunita è una donna cingalese che, sebbene abiti da molti anni in provincia di Verona, parla a stento l’italiano, e per vivere - anche se il termine più appropriato sarebbe sopravvivere - assiste come badante un’anziana signora inferma. Il figlio adolescente di Sunita è invece un ragazzo che si esprime in veneto e che delle tradizioni del suo popolo d'origine non ne vuole sapere …

Tramite una regia asciutta, quasi minimalista, il filmmaker dello Sri Lanka mette in scena una quotidianità fatta di rinunce, sacrifici, incomprensioni e solitudine: la stessa solitudine sofferta tanto da Sunita, che non riesce né vuole integrarsi in una realtà a cui non sente di appartenere, quanto dalla persona di cui lei si occupa, che, seppur madre di cinque figli è lasciata alle cure di un’estranea. Katugampala, che dimostra talento da vendere, rappresenta senza ridondanze una società contraddittoria e bipolare, dove da un lato non viene garantita la giusta assistenza ai più deboli, e dall’altro si sfruttano le penose esistenze di immigrati che troppo spesso suppliscono al tanto sbandierato welfare.

Il perfetto utilizzo della camera a mano e la naturalezza con cui gli attori interpretano i rispettivi ruoli, rendono il film così veritiero che il pubblico non potrà evitare di empatizzare con i protagonisti. Per un figlio è la dimostrazione di come la bulimia di scene madri e dialoghi strappalacrime presenti purtroppo in numerosi film, possa cedere il posto a silenzi, sguardi e movenze: emozioni prive di esagerazioni, ma colme di significati. Certo, per fare ciò occorrono grandi doti, quelle che Katugampala sicuramente possiede. La dignità e il dolore che traspaiono dal volto di Sunita, consapevole di avere suo malgrado trascurato il figlio, sembrano uscire dal grande schermo per colpire l’animo di ogni spettatore con sensazioni così potenti da non potersi dimenticare. Questa pregiata perla filmica è senza dubbio un interessante spunto di riflessione su temi che pur toccandoci da vicino non conosciamo a fondo o, per comodità, non vogliamo conoscere: un volo radente sui pessimi modelli culturali a cui gli adolescenti si ispirano, e un occhio attento alle comunità straniere sul nostro territorio, che tanto hanno da raccontare.

Complimenti dunque ad Antonio Augugliaro che, seppur tra mille ostacoli, ha saputo portare in sala un prodotto che meriterebbe molto più spazio di quello concessogli. E a Suranga Deshapriya Katugampala, come all’intero cast, sia tecnico che artistico… chapeau!