Peggio per me, ovvero la fragilità di una generazione
Riuscito ed originale, arriva al cinema l'ottavo lungometraggio di Riccardo Camilli, nome ben noto nel campo dei film indipendenti e a zero budget tanto che anche questo nuovo lavoro, presentato al Taormina Film Festival ed al Lecce Film Festival, è stato interamente autofinanziato ed è costato seimila euro, inclusi i mille di crowdfunding ottenuti tramite amici.
Il film è stato girato in soli 23 giorni, due per mese, per un totale di circa un anno di lavoro.
Il risultato è un'opera interessante e accattivante che alterna dramma e commedia, in un lento abbraccio che sembra ricordare la vita stessa, fatta di leggerezza e dolore, di risate e pianti, di abbandono e risolutezza.
Raccontando la storia di Francesco, interpretato dallo stesso Camilli, e dei suoi traballanti rapporti con ex moglie e figlia, il regista, attore e sceneggiatore, formatosi alla Scuola di Cinema Roberto Rossellini, ha voluto raccontare la fragilità della sua generazione nel momento in cui famiglia, lavoro, affetti e autostima vengono meno. Con il suo nuovo film, Camilli ha voluto anche sottolineare quanto egoismo ci sia nel pensare che, nei momenti bui, sia tutto contro di noi e nel progettare un suicidio.
Quello che il malcapitato, in effetti, si ritrova a progettare: ma per fermare il fatale proposito, interviene la voce del bambino che fu, quello cresciuto nei mitici anni '80, in cui tutto sembrava possibile, tutto era allegria e colori, musica e spensieratezza. In cui Francesco e Carlo erano amici inseparabili che poi la vita ha allontanato eccome, pur mantenendoli sempre uno legato all'altro, quasi indissolubilmente.
Ora Francesco è cresciuto, ha una figlia di dodici anni, una ex moglie con cui praticamente non parla, una madre da cui si è dovuto suo malgrado ritrasferire e con cui pranza abitualmente, ed è un professore precario che perde improvvisamente e inaspettatamente il lavoro.
Profondamente legato ai suoi studenti con disturbi mentali, proprio da loro riceverà l'aiuto e la spinta a ritrovare se stesso e la sua forza di volontà. Perché se è vero, come dice all'inizio del film, che “la vita è una gran torta di m***a, lo scoprirete presto”, è anche vero che dopo di essa può arrivare uno spumante, se non addirittura uno champagne; è vero che, dunque, “da qualche parte c'è sempre qualcuno pronto ad aiutarti”.
Nell'alternanza tra l'infanzia e l'età adulta del protagonista, il confronto tra gli anni '80 e il XXI secolo sembra davvero implacabile, soprattutto quando il protagonista afferma: “Adesso sono tutti depressi, a casa dei genitori, e in cassa integrazione”. Ma l'intento del film non era guardare con nostalgia a quegli anni bensì renderli protagonisti essi stessi, come lo sono stati per l'infanzia di chi oggi viaggia tra i 35 ed i 45 anni.
Peggio per me racconta un'epopea contemporanea e universale che alterna situazioni spassose a riflessioni drammaticamente attuali, offrendo una nuova prospettiva sulla vita degli odierni quarantenni, serviti e riveriti per tutta l'infanzia, ed ora scagliati nel bel mezzo del cammino, tra mille peripezie, un futuro tutto fuorché certo e tanti interrogativi ai quali, ancora, non si riesce a dare una risposta sensata.