Pay the ghost
Una volta superata la breve apertura ambientata nella New York del 1679, ci si sposta ai giorni nostri con l’insegnante Mike Lawford interpretato da Nicolas Cage, che, durante una parata di Halloween proprio nella Grande mela, si ritrova improvvisamente senza il figlio Charlie, ovvero il Jack Fulton visto nell’acclamato Room.
Evento che, un anno più tardi, lo porta a riavvicinarsi alla ex moglie Kristen alias Sarah Wayne Callies quando comincia ad essere ossessionato proprio da terrificanti visioni del bambino e ad avvertire, intorno a lui, l’inspiegabile ed inquietante presenza di una misteriosa figura.
Perché, partendo dalle pagine dell’omonimo romanzo di Tim Lebbon, è totalmente sulle affannose ricerche portate avanti dalla coppia di protagonisti che si costruisce la oltre ora e mezza di visione al servizio di Pay the ghost, messo in piedi dal tedesco classe 1947 Uli Ledel, il cui vasto curriculum dietro la macchina da presa include, tra gli altri, il chiacchieratissimo dramma a base di tossicodipendenza Christiane F. – Noi i ragazzi dello zoo di Berlino e il dimenticato thriller erotico madonniano Body of evidence – Il corpo del reato.
Ricerche destinate a coinvolgere anche altre figure di contorno ed a condurre alla scoperta di una terribile rivelazione legata proprio alla notte del 31 Ottobre, quando, a quanto pare, ogni anno le anime di piccoli innocenti rischiano di essere rapite per sempre se non vengono salvate entro lo scoccare della mezzanotte.
Ed è nei soli ultimissimi minuti di visione che viene relegato il minimo di spettacolarità dispensata dall’insieme, immerso in immancabili culti pagani e relative leggende, con tanto di fantasmagorica creatura in un certo senso non distante – sia nel look che nella sua genesi – dalla sfigurata fata dei denti Matidla Dixon introdotta da Al calare delle tenebre di Jonathan Liebesman. Elemento annoverabile, però, tra quelli che, in mezzo ad avvoltoi ricreati in digitale, una minima manciata di cadaveri e consuete apparizioni improvvise, non possono fare a meno di contribuire a testimoniare la totale mancanza di originalità dell’operazione, decisamente soporifera e del tutto incapace di generare brividi e spaventi... compreso il finalino posto nello scorrimento dei titoli di coda.