Passo Falso
Con Passo falso il francese Yannick Saillet esordisce nel lungometraggio, dopo una lunga carriera come regista di video musicali per artisti internazionali. La Myra Film in collaborazione con la Babe Films mostra di credere in un cinema coraggioso producendo un’opera linguisticamente interessante, riconosciuta di interesse culturale nazionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’intero film è costruito sulla solitudine forzata del sergente Denis Quillard, che all’inizio della storia rimane solo con il piede appoggiato su una mina antiuomo russa dopo un attacco lampo da parte dei talebani. Il militare francese interpretato da un valido Pascal Elbé sarebbe quindi l’unico protagonista di una pellicola ambientata in una sola location, se non fosse per la sporadica presenza di alcuni personaggi con cui interagisce a tratti. La staticità degli accadimenti riflette in un certo senso la sobrietà stilistica di impronta mimetica con cui Saillet rielabora, in fase di montaggio, la logica spazio-temporale ripresa dall’obiettivo della sua macchina da presa.
Passo falso è un geometrico esercizio di stile su come riempire circa ottanta minuti di visione impiegando una soluzione che può sembrare estrema per il grande pubblico. In questo ordine chiuso, l’autore cerca di supplire alla sindrome da horror vacui conferendo al film un’impostazione drammatica che guardi alle regole grammatiche del thriller classico e sia piena zeppa di colpi di scena. In questo modo, Saillet cerca di continuo di far insorgere scatti di tensione nello spettatore, sottoponendo la sceneggiatura a una escalation di suspense a volte fin troppo opprimente.
Il regista, però, nell’infarcire la vicenda di espedienti perenni non sempre riesce a puntare a un realismo che sia il più plausibile possibile. Il disperdersi in una serie di eventi fortuiti avrebbe forse goduto di maggiore pregnanza qualora fosse stato indagato anche sotto una prospettiva distorta, magari dalle valenze oniriche o semi-oniriche. Fra gli episodi che segnano un “passo falso” nel procedere del racconto facendo scattare un campanello di allarme è il caso di citare l’apparizione di una coppia di cani randagi sotto il sole cocente del deserto afghano. Probabilmente, la forma del mediometraggio avrebbe asciugato simili incongruenze e migliorato il prodotto.