Parliamo delle mie donne, l’accoppiata vincente Claude Lelouch - Johnny Hallyday
Da sempre lontano dai meccanismi che regolano l’industria cinematografica, Claude Lelouch, classe 1937, ancora oggi continua orgogliosamente a rivendicare la propria autonomia autoriale, quella libertà creativa e produttiva che fin dagli esordi lo ha portato a realizzare film in cui commistione di generi, romanticismo, alternanza di piani temporali e una buona dose di ‘ruffianeria’ sono diventati negli anni la sua cifra stilistica. Tanto amato da una gran fetta di pubblico quanto denigrato dalla stampa di settore, in particolare da quella d’oltralpe, il regista parigino dona al cinema un’opera sì imperfetta, ma dannatamente riuscita!
Parliamo delle mie donne - in originale Salaud, on t'aime, ossia Bastardo, ti amiamo, titolo decisamente più appropriato di quello italiano - racconta la storia dell’ultra settantenne Jacques Kaminsky, fotografo di fama internazionale nonché ‘collezionista’ di donne che, dopo una vita in giro per il mondo, decide finalmente di fermarsi. Abbandonata la caotica Parigi, e la quarta moglie, Jacques andrà a vivere in una sperduta baita ai piedi del Monte Bianco dove inizierà una liason amorosa con Nathalie, una vedova molto più giovane di lui, madre di due gemelli. In quel paradiso terrestre Jacques si renderà però conto che è giunto il momento di riconciliarsi con le sue quattro figlie avute da altrettante donne: a dargli una mano, anche se a sua insaputa, ci penserà l’amico di sempre, il medico Frédéric…
Impossibile non riconoscere nella figura di Jacques - genitore assente perché dedito esclusivamente alla sua professione e al gentil sesso - quella di Lelouch stesso, sposatosi ben quattro volte e padre di 7 figli nati da 5 compagne diverse, che grazie al suo ultimo lavoro non soltanto sembra compiacersi dell’aver vissuto eternamente sopra le righe come il personaggio del suo film, ma pare anche volersi pubblicamente scusare per il poco tempo dedicato agli affetti più cari. Per dare voce a questa ipotetica e toccante ammissione di colpa, il premio Oscar di Un uomo, una donna ha scelto come protagonista il mitico cantante Johnny Hallyday, con il quale aveva già collaborato nel 1972 in L’avventura è l’avventura, che ad ogni primo piano su di sé buca il grande schermo regalando agli spettatori un’intensa e splendida interpretazione. Oltre a Sandrine Bonnaire, ad affiancare la rockstar francese c'è Eddy Mitchell, altra vecchia gloria della scena musicale transalpina e amico di Hallyday fin dai tempi della gioventù. Questa perfetta alchimia tra i due attori, che trascende la finzione, darà luogo a momenti di forte impatto emotivo tesi a sottolineare l’importanza della vera amicizia: unico valore che Jacques sembra non abbia mai tradito.
Scritta, diretta e prodotta da Lelouch, Parliamo delle mie donne è un’opera in cui dramma e commedia si avvicendano con grande equilibrio creando un’atmosfera suggestiva e a tratti perfino magica: l’imponente aquila che col suo sguardo acuto osserva i movimenti di Jacques - l’occhio di un fotografo è d'altronde perfettamente assimilabile a quello del regale rapace -; la volpe che di notte ruba il cibo avanzato dal pasto serale; il gatto sornione che pigramente si stiracchia, incurante del planare della regina dei cieli sopra la sua testa; il bonario bobtail di razza perennemente attaccato alla domestica di casa; i panorami mozzafiato prima freddi e innevati poi caldi e variopinti. Le figlie di Jacques dai poetici nomi Primavera, Estate, Autunno e Inverno – ovvero Irène Jacob, l’indimenticabile Veronica di Kieslowski, Pauline Lefèvre, Sarah Kazemy e Jenna Thiam – rappresentano inoltre l’inesorabile passare del tempo e l'avvicinarsi per lui della stagione della vecchiaia, dove il suo unico desiderio è fare ammenda e riunire l’intera famiglia. Se per un’ora e trenta circa si respirano attimi di rara intensità, godendo di immagini visivamente perfette, di una narrazione fluida, di dialoghi ben scritti, di una colonna sonora che offre brani di Louis Armstrong e Ella Fitzgerald alternati ad Acqua di Marzo intonata da Moustaki, negli ultimi 20 minuti Lelouch perde purtroppo la bussola lasciandosi andare in un finale non pienamente convincente.
Salaud, on t'aime resta comunque uno di quei film a cui non si dovrebbe rinunciare, perché lascia nell’animo degli spettatori - anche se non di tutti - una scia di delicati e commoventi sentimenti che certamente male non fanno. Se poi a ciò si aggiunge che il solo ammirare Johnny Hallyday e Eddy Mitchell rendere omaggio a una scena di Rio Bravo ripaga già da sé il prezzo del biglietto, beh... a voi tirare le conclusioni!