Parlami di te – Commedia francese fin troppo leggera sulla capacità di ripartire e reinventarsi
Alain Wapler (Fabrice Luchini) è il super amministratore delegato di un’azienda ai vertici del glorioso mondo delle auto di lusso. La sua è una vita frenetica in cui il tempo non basta mai, tanto che anche la sua unica figlia è costretta a chiedere udienza al padre, pur di scambiare due parole con lui. Soldi, potere, disprezzo per i perdenti, e un’immagine di successo da salvaguardare a ogni costo, ma che (come spesso accade) non tiene affatto conto delle variabili della vita. E infatti, il corpo di Alain Wapler, spinto fino e oltre i suoi limiti, imporrà una battuta d’arresto. L’ictus, miserabile e inaspettato, non metterà fine alla vita del grand’uomo, ma ne “manometterà” in maniera profonda la capacità cognitiva e di linguaggio. Con una nuova dislessia del corpo e della mente, Alain dovrà così cercare di ripartire e ricostruirsi, forse allontanandosi (per la prima volta) da quell’uomo di successo che aveva creduto essere l’unico sé possibile. In questo senso, fondamentale sarà il sostegno di Jeanne, brava ortofonista con una serie di fragilità all’attivo, e alla ricerca affannosa della propria madre biologica.
“Per essere leader bisogna cedere agli altri il nostro posto… quello di perdenti!”
Ispirato alla storia vera di Christian Streiff, ex CEO di Airbus e di PSA Peugeot Citroën, Parlami di te (titolo originale Un homme pressè - letteralmente, un uomo sempre di corsa) del regista francese Hervé Mimran segue il percorso di redenzione e ricognizione di un uomo di successo senza tempo e con tante parole a disposizione costretto a convertire quello stesso tempo nella ricerca delle parole a un tratto svanite. Come in un sortilegio, il ribaltamento della situazione spingerà il sempre eccentrico e bravo Fabrice Luchini - nei panni di Alain - a operare con la sua verve espressiva e mimica facciale quella transazione esistenziale da leader di successo a uomo comune, che va a passeggio con il cane e prende il caffè seduto al bar. Lasciandosi dietro rigidità e frenetismi senza sbocco, l’Alain Wapler di Luchini dovrà infatti abbracciare una vita nuova, che non conosceva, dove giacevano inascoltati anche i suoi affetti più cari. Perse le parole e spinto per forza di cose a implementare invece l’ascolto del prossimo, Wapler imboccherà il suo pellegrinaggio spinto dagli umori bislacchi della vita, e senza rendersene conto muterà nell’uomo nascosto in quell’involucro inavvicinabile incarnato dall’uomo di successo.
Tenera nel concetto e comunque funzionale nella scelta dell’istrionico protagonista, Parlami di te si rivela suo malgrado una commedia sin troppo leggera, dove a una prima parte di interessante costruzione del protagonista pieno di tic e abilità, fa seguito una seconda parte sfilacciata, lanciata di corsa solo a chiudere (nel miglior modo possibile, ma senza troppo senso) tutte le linee narrative. La carica espressiva e recitativa di Luchini viene, così, sprecata lungo un’operazione di redenzione che appare classica e telefonata, banale e priva di quell’esaltante realismo che avrebbe potuto fare di Parlami di te una commedia brillante.
Fabrice Luchini fagocita infine l’impalpabile script e diventa l’unico vero mattatore di un film che sembra davvero non trovare mai il linguaggio giusto, e la giusta verve per compiere quel tragitto di anticonformismo che sembrava promettere, invece, nelle primissime incalzanti battute.