Onda su onda
Prima ancora dei crediti di apertura, accompagnati da una rilettura del canto popolare Bella ciao, troviamo in scena un Rocco Papaleo con capelli lunghi che, a bordo di una nave merci, viene presto affiancato dall’Alessandro Gassman che già ebbe modo di dirigere nel suo acclamato esordio dietro la macchina da presa: Basilicata coast to coast (2010), cui è poi seguìto Una piccola impresa meridionale (2013).
Perché, prendendo il titolo in prestito dal noto successo musicale di Paolo Conte, è la terza fatica registica del lucano classe 1958 interprete di Un boss in salotto (2014) quella che lo vede nei panni di un esuberante, laconico e idealista deluso cantante che, perduta la voce proprio nel momento in cui un concerto da cinquantamila euro in Uruguay gli offre l’occasione di rilanciare la propria carriera, decide di far prendere il suo posto all’egocentrico e vanitoso cuoco dell’imbarcazione.
Cuoco incarnato, appunto, dal figlio del grande Vittorio de Il sorpasso (1962) e con il quale trasforma progressivamente il burrascoso rapporto in un’amicizia forzata, destinata a trascinarli in una situazione resa ancor più complicata dall’entrata in scena dell’organizzatrice dell’evento, ovvero l’argentina Luz Cipriota.
Organizzatrice che li accompagna nel soggiorno a Montevideo e alla quale, ovviamente, tengono nascosta la verità a proposito delle loro identità; man mano che un incontro al ristorante con una presunta miliardaria e il momento all’interno della stanza d’albergo “provvista” di macchia di umidità sul soffitto dispensano qualche occasione per spingere lo spettatore a sorridere.
Occasioni che si rivelano, in realtà, decisamente poche, in quanto, tra imprevisti con la polizia e visite dall’otorino, il fiacco avvio della oltre ora e quaranta di visione non sembra subire miglioramenti con l’avanzare dei fotogrammi, soprattutto a causa della maldestra scelta di proporre in qualità di commedia quello che, in fin dei conti, è più facilmente accostabile a un melodramma.
Infatti, sebbene la storia raccontata – oltretutto mirata a ribadire che la fantasia va stimolata e che ci sono artisti che cominciano dalla strada e altri che vi finiscono – non manchi di apparire interessante grazie anche ai diversi colpi di scena emergenti nel corso della sua seconda parte, l’insieme finisce per dover fare i conti proprio con la mancanza degli incalzanti ritmi tipici delle produzioni indirizzate al pubblico in cerca di rilassamento dinanzi al grande schermo... e, di conseguenza, il rischio di noia è sempre in agguato.