Oltre lo Specchio 2020: Spare Parts, un'opera dissacrante e divertente

Al Festival Oltre lo Specchio arriva un'opera tanto dissacrante quanto divertente: Spare parts – letteralmente “pezzi di ricambio” – del canadese Andrew Thomas Hunt, alla sua seconda prova registica, dopo Sweet Karma del lontano 2009. La sceneggiatura è firmata da David Murdoch e Svet Rouskov.

Amy (Michelle Argyris, General Hospital), sua sorella Emma (Emily Alatalo), Cassy (iriana Stanton) e la compagna Jill (Chelsea Muirhead), formano una band musicale punk rock tra le più grintose in circolazione. La loro energia però non passa inosservata ad un'organizzazione criminale che agisce nell'ombra e che rapisce persone innocenti per farle combattere in un'arena, le une contro le altre. Dopo aver loro amputato degli arti ed avergli rimpiazzati con delle armi.

Tante sono le citazioni/suggestioni che saltano alla mente nel corso delle vicende. E ovviamente per i cultori del genere sarà un vero e proprio spasso rintracciarne la gran parte. Da Grindhouse – Planet terror a Mad Max: Fury Road, passando per The Bad Batch e The Hunt, ce ne è in tutte le salse. Violento in maniera esagerata e spettacolare, ma mai realistica, Spare parts appare evidentemente pensato e realizzato per l'intrattenimento. Non a caso le protagoniste sono delle showgirls a tutti gli effetti. Amy e le altre passano dall'essere applaudite su un palcoscenico, ad esserlo in un'arena. La loro fame di fama – si perdoni il gioco di parole! – viene così costantemente nutrita, sebbene a un tratto in palio ci sia qualcosa di più del puro e semplice successo. La loro sopravvivenza dipende infatti dalla loro determinazione, dalla capacità di mettere da parte il lato umano e lasciare emergere quello più brutale, spietato, rabbioso. La forza del gruppo fa poi il resto, nonostante i tentativi di separarle, di renderle nemiche, in ogni modo possibile e (in)immaginabile.

Da un punto di vista più profondo, difficile comprendere quale sia il senso del racconto. Certamente si nota un'attenzione al tema della vendetta, come pure al passaggio da vittime a carnefici. Mentre appare forse poco esplorato il percorso compiuto da queste donne a livello psicologico. Ad eccezione infatti di alcuni momenti durante i quali possiamo osservare il confronto tra le due sorelle o i gesti intimi tra Cassy e Jill, lo sguardo della macchina da presa indugia soprattutto sul sangue, sull'effetto splatter, sulle menomazioni che trasformano esseri umani in mostri.

D'altro canto va riconosciuta la potenza insita nelle figure in gioco, perfettamente consapevoli e consce delle loro armi – in senso figurativo e materiale. La sensualità, la malizia, la scaltrezza fanno parte di un bagaglio femminile tra i più moderni ed emancipati. Precisa e oculata in tal senso la scelta delle attrici protagoniste, a ciascuna delle quali viene riservato un trattamento specifico per caratterizzarle al meglio: dai capelli rosa a un taglio rasato di lato, dai toppini attillati ai tatuaggi, dalla sparachiodi alla motosega.

Altro elemento studiato in maniera impeccabile nell'ottica del film è la scelta dei brani musicali, che accompagnano, sostengono e indirizzano il mood della narrazione, passo passo, in un crescendo di alti e bassi sino alla catarsi finale.

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