Oltre lo Specchio 2020: André Øvredal torna alla mitologia norrena con Mortal
André Øvredal è il nome dietro quel piccolo fenomeno che è stato Scay Stories to Tell in the Dark – presentato anche alla Festa del Cinema di Roma. Oggi torna sotto la luce dei riflettori, grazie al Festival Oltre lo Specchio, che mette in concorso, nella sezione Cine Futuro, il suo ultimo lavoro: Mortal. Il titolo fa riferimento alla natura del protagonista, un mortale decisamente fuori dal comune.
Nat Wolff veste i panni di Eric, un giovane americano che si ritrova braccato, nel bel mezzo di una Norvegia incontaminata e selvaggia, dalla polizia e dalla sua ambasciata. È infatti responsabile di aver ucciso un ragazzo che lo stava importunando. Ad accompagnarlo nella fuga ci sarà Christine (Iben Arkelie), una psicologa del posto.
Ispirato e debitore a tutta la mitologia norrena, di cui i massimi rappresentanti sono forse Thor e Odino, il film possiede una visività originale e caratterizzante. L'esperienza del cineasta norvegese nel campo del cinema e delle leggende risulta fondamentale alla resa finale del progetto. L'atmosfera è densa, pregnante, e se ne percepiscono tangibilmente gli effetti. L'andamento lento della narrazione in qualche modo appare correlato alla presa di consapevolezza del protagonista.
Eric sa di non essere come gli altri uomini, sa di avere dei poteri, ma non ne conosce la portata, né sa come gestirli. Il discorso sul controllo si piazza così al centro del racconto, riportando alla mente le diverse Jean Grey succedutesi sullo schermo – da Famke Janssen alla più recente Sophie Turner – ma anche i vari mutanti alle prese con le loro abilità. Il passato del giovane dovrebbe permettere allo spettatore di entrarci in sintonia, di comprenderlo almeno in parte, ma questo elemento ci viene negato. Almeno fino a un certo punto. Ciò che invece viene sottolineato è il probabile legame con una profezia chiamata Ragnarok. È qui che entrano in gioco i miti di cui sopra: quando fulmini, fenomeni atmosferici e un misterioso martello compaiono sulla scena, il dessert è servito.
Øvredal si diverte a mescolare le carte in tavola, a solleticare le papille gustative dei suoi follower. Il fatto che in mano abbia delle competenze comprovate e una sensibilità molto sfaccettata fa sì che il livello dei suoi lavori sia sempre alto.
Eric prova dei sensi di colpa, sebbene sia spinto ad andare avanti nella sua ricerca della verità; Christine viene completamente avvinta dallo spirito del giovane, decisa ad aiutarlo e proteggerlo a tutti i costi. Il pericolo rappresentato dal protagonista e dai suoi poteri viene affrontato in modi differenti, causando reazioni imprevedibili a seconda delle decisioni prese. Solo l'amore sembrerebbe avere un effetto benefico. Ma sarà sufficiente?
A livello visivo sta senza dubbio la forza di un'opera come Mortal. I toni cupi, grigi, vischiosi, la fanno da padrone, quasi fossero lo specchio di ciò che si agita nell'animo di Eric. Ed è chiaro allora perché dai suoi sbalzi di umore derivino eventi di devastazione. La minaccia è costante ed è resa alla perfezione dalla fotografia di Roman Osin (già collaboratore di Øvredal in passato), desaturata di qualsiasi colore ma carica sensorialmente.
Una piccola curiosità riguarda la scelta dell'attore protagonista: prima di Wolff, era infatti stato scritturato Robert Shehaan (The Umbrella Academy).