Nebbia in Agosto: etica e scienza nella Germania nazista
Il Giorno della Memoria - ricorrenza internazionale in commemorazione delle vittime dell'Olocausto - si sta avvicinando e, come ogni anno, le sale cinematografiche si apprestano a proporre numerosi titoli sugli orrori perpetrati nei confronti del popolo ebraico. Tra quelli di prossima uscita c'è Nebbia in Agosto, un’opera che assume una valenza particolare perché racconta la pagina dolorosa, e purtroppo poco conosciuta, di quell'abominevole periodo: l’aberrante programma di “eutanasia” nazista attuato a danno di disabili e malati mentali di ogni età, sesso e religione, una sorta di spregevole ‘prova generale’ della Shoah.
L’ultimo lavoro di Kai Wessel, basato sull'omonimo romanzo di Robert Domes, narra la vera storia di Ernst Lossa, un vivace tredicenne tedesco di etnia Jenisch che nel 1942 venne rinchiuso nel reparto pediatrico del Kaufbeuren Institutein, un ospedale psichiatrico in cui si praticava la cosiddetta “morte pietosa” secondo il progetto denominato Aktion T4. Sebbene, agli occhi di chi già conosca le vicende di Lossa, il film possa apparire inesatto e a tratti forzatamente fantasioso e lirico - fatto questo che irriterà quanti preferiscono un registro più asciutto nel trattare temi così delicati - Nebbia in Agosto deve essere visto. Sì, perché ricordare, o far sapere a chi ancora non sa, quali orribili nefandezze abbiano potuto compiere degli esseri umani in nome della ‘purezza della razza’, è un obbligo morale a cui nessuno dovrebbe sottrarsi.
Il tedesco Kai Wessel, molto conosciuto in Patria per i suoi lavori televisivi legati alle atrocità del Terzo Reich, spinge lo spettatore a camminare su un doppio binario: da un lato mostra il breve percorso di vita di un ragazzo intelligente, vispo e un po’ ribelle, che farà di tutto per sfuggire al suo ineluttabile destino, e dall’altro ripropone l’annoso dilemma della responsabilità individuale e dell’etica correlata alla scienza. Ed è proprio nella rappresentazione di questa dicotomia che sta il maggior pregio del film, l’equilibrio tra i due fili narrativi è infatti pressoché perfetto, e la lentezza del ritmo darà modo al pubblico di riflettere su quanto appena visto o ascoltato. Da tutto ciò ne consegue però uno scarso coinvolgimento emotivo, quel coinvolgimento che, in prodotti di questo genere, per poterne affermare la riuscita dovrebbe invece essere la ‘condicio sine qua non’.
Ciononostante, grazie alle più che buone interpretazioni attoriali e a un’atmosfera di tetro realismo, se dal punto di vista prettamente tecnico il cineasta di Amburgo ottiene un discreto risultato, da quello divulgativo l’esito è decisamente encomiabile. La figura dello psichiatra, direttore dell’ospedale in cui Lossa è ricoverato, o il personaggio dell’angelica infermiera chiamata per procurare la ‘morte pietosa’ tramite iniezioni di barbiturici, racchiudono quei busillis a cui ancora oggi non si è riusciti a dare risposta: questi uomini, o donne, di scienza, credevano veramente nel bene dell’eugenetica hitleriana a fini umanitari? E, se la risposta fosse un si, le loro colpe sarebbero dunque minori? L'assurdità è che il Governo di Hitler poté concepire un simile piano perché le sue idee poggiavano su basi scientifiche, politiche e culturali diffuse all’epoca in Paesi civilissimi, basti pensare che leggi di sterilizzazione coatta ‘dedicate’ ai portatori di handicap mentali esistevano anche negli Stati Uniti, in Svezia, e in Svizzera.
A causa dell'Aktion T4 – abbreviazione di "Tiergartenstrasse 4", indirizzo e numero civico di Berlino dove era situato il quartier generale dall'Ente pubblico per la salute e l'assistenza sociale – furono uccise oltre 70.000 persone, 5000 delle quali bambini, il cui unico torto era quello di essere malate, e per questo ritenute “vite non degne di essere vissute”. Ma l'estrema gravità sta nel fatto che a ricoprire il ruolo di assassini furono coloro che, per etica professionale, avrebbero dovuto prendersi cura dei più deboli in tutt’altra maniera: i medici. L’Euthanasieerlass (‘Decreto di Eutanasia’), firmato dal Führer il 1°Settembre 1939, venne sospeso il 24 Agosto 1941 perché l’opinione pubblica, che iniziava a capire cosa stesse accadendo, si oppose alla mattanza. La strage di innocenti continuò però indisturbata fino al termine del conflitto, contribuendo così ad aumentare notevolmente il numero delle vittime.
Nebbia in Agosto non è perfetto, ma il valore di un film va a volte al di là dell’aspetto tecnico, e questo è il caso: un’opera in memoria dei troppi Ernst Lossa uccisi barbaramente dalla cieca presunzione dell’uomo di sostituirsi alla natura, se non addirittura a Dio.