Nato a Xibet, una storia dal sapore antico ambientata nel cuore pulsante della Sicilia

Accolto calorosamente alla sua presentazione presso il cinema Palazzo Moncada di Caltanissetta, arriva nelle sale italiane un piccolo, grande film che parla della Sicilia e dei siciliani, di tradizioni, di botteghe e di mestieri tramandati di padre in figlio.
Il regista palermitano Rosario Neri, qui alla sua opera prima, ha voluto evidenziare, mediante una storia dal sapore arcaico, l'aura ancestrale che da sempre avvolge la Sicilia, culla della cultura e patria, nel bene e nel male, di tanta gente che nel corso dell'ultimo secolo, è emigrata verso paesi lontani, l'agognata America in primis.

Nato a Xibet incrocia diversi racconti, mentre la voce narrante, calda e coinvolgente, di un signore anziano, contribuisce ad ammantare il tutto di magia e tempi andati.
Inizia con la macchia da presa fissa che inquadra un paesaggio bucolico, in cui padre e figlio fanno pascolare le pecore del proprio gregge: il ragazzino si chiama Pietro, è sveglio, affezionato agli animali, veloce ad imparare come fare la ricotta e il primo sale. A scuola è attento e aiuta i compagni ma, una volta grande, desidera diventare fotografo e per farlo, deve allontanarsi dalla sua terra.

Una volta tornato, ripensa alla sua infanzia e i flashback si fondono con il presente in cui, con nostalgia ma anche una maggiore consapevolezza, ripercorre le origini della sua terra natia e le storie che l'hanno abitata: ci sono i due innamorati che fuggono, prede della passione e poi sono costretti al matrimonio riparatore, c'è il maestro pittore che dipinge carretti siciliani e c'è la tribolata vicenda di Angelo, da neonato abbandonato ad emigrante fedifrago.

Personaggi che parlano di Sicilia, di usanze, di tradizioni: splendida a questo proposito la sequenza in cui la macchina da presa si sofferma sui dettagli di un grande carretto siciliano, interamente dipinto a mano, con colori sgargianti e scene storiche raffigurate in ogni dove, persino sui raggi delle ruote.

Nato a Xibet è un film autentico, fatto con il cuore: le panoramiche dell'entroterra siciliano si alternano a quelle di Firenze, dove il giovane protagonista si reca per diventare fotografo, e a quelle di New York, in cui è ambientata una storia raccontata da un barbiere, altro elemento caratteristico dell'isola. Non un barbiere qualunque ma una sala da barba con musica dal vivo, suonata con la fisarmonica, strumento imprescindibile della tradizione siciliana.

L'opera prima di Rosario Neri parla di questa terra così antica, ricca, rigogliosa di sentimenti veri, di tradizioni rimaste immutate negli anni e di personaggi genuini. Lo fa con profondo affetto e ammirazione e poco importa che alcuni raccordi di movimento risultino rigidi o che alcune scene propendano per un impianto maggiormente teatrale: il risultato è un affresco vivo, autentico e accattivante di uno dei paesi più antichi e visitati del mondo.

Nato a Xibet, il monte su cui è arroccata Calascibetta, è una storia senza tempo, ambientata in un paese anch'esso incastonato in un passato fatto di immagini vivide e nel presente carico di nostalgia. Non a caso, i titoli di coda recitano: “Dedicato ai bambini di Calascibetta che davano una manuzza ai propri genitori”. Questi bambini sono cresciuti, ma la Sicilia la porteranno sempre nel loro cuore.

E quel che si augura il regista, come dice la voce narrante del film, è: “L'importante è non perdere la Sicilia delle botteghe, delle tradizioni, del socializzare paesano”.