Moving on – Un delicato e nostalgico coming of age
Okju e Donju si trasferiscono, assieme al padre Byung-kie, per le vacanze estive nella grande casa del nonno. I due ragazzi pensano sia una sistemazione temporanea ma in realtà si tratta di un trasloco definitivo dovuto alle difficoltà economiche paterne. Poco dopo, si unisce a loro anche la zia Mijeong (la sorella del padre). Tre generazioni riunite sotto lo stesso tetto, cinque esistenze ognuna con una propria realtà e identità. C’è il nonno oramai anziano e malato, poi c’è il padre di famiglia Byung-kie, separato e in difficoltà finanziarie, e poi c’è la di lui sorella, Mijeong, in crisi con il marito e forse prossima anche lei al divorzio, infine ci sono il piccolo Donju vivace e giocoso e Okju, adolescente presa da tutti i turbamenti e gli stati d’animo altalenanti tipici dell’età, come la difficoltà di accettarsi, adattarsi, e comprendere la propria strada. Una girandola di esistenze che, proprio attraverso lo sguardo attento e delicato della giovane Okju, svolgeranno il filo della propria profonda complessità.
“Affari” di famiglia
La giovanissima regista coreana Yoon Dan-bi firma un esordio alla regia delicato e nostalgico, che sa di quegli “affari di famiglia” in stile Kore'eda, e che sfrutta l’occhio sensibile e profondo della giovane Okju per analizzare gli affetti nelle loro mille sfaccettature. Dai classici litigi tra fratelli piccoli, passando per le tensioni e incomprensioni tra fratelli “adulti”, per finire nella saggezza oramai silente del nonno, in Moving on tutti i rapporti famigliari hanno il carattere di quelle contraddizioni che ne evidenziano il realismo, la mutevole credibilità. E se da un lato ci sono l’insofferenza e l’insoddisfazione, e anche la tristezza di Okju, dovute alla sua famiglia scomposta (la madre assente, il padre in difficoltà economica), dall’altro lato ci sono l’esuberanza infantile di Donju e la sua naturale capacità di “mettere a tacere” la negatività - “Non abbiamo mai litigato”.
Yoon Dan-bi muove questa scomposizione e ricostruzione famigliare attraverso gli spazi ampi e un po’ decadenti della casa del nonno, luogo di nostalgici ricordi e di tempi più prosperi che ora si offre come punto di sostegno a un presente più giovane e molto più precario. Il luogo diventa così un sesto personaggio in grado di creare unità (i momenti sereni tutti insieme) e divisione (il confronto sulla possibilità di trasferire il nonno in una casa di cura e vendere la casa).
Con una regia che si muove fluida e partecipe attraverso luoghi e personaggi, l’appena trentenne Yoon Dan-bi, firma un classico e delicato coming of age che ha i mille colori e le mille sfumature della famiglia: instabile, imprevedibile, “lesa” o allargata. Un’opera prima delicata e sincera che conferma la capacità del cinema coreano di guardare attraverso gli spiragli della vita per scorgerne quei piccoli, costanti elementi dello stare insieme, in maniere e forme che variano in base a momenti, situazioni, spazi e soprattutto alla volubilità del sentimento di unione e fratellanza. Sentimenti controversi che possono passare senza preavviso dal caldo al freddo e viceversa, pur senza impedirci di andare comunque avanti (Moving on, appunto) e di trovare sempre nuovi equilibri.