Motherless Brooklyn - I segreti di una città: la mia Chinatown

Ci ha messo ben 19 anni, ma alla fine Edward Norton ha partorito la sua seconda creatura.
Se il primo film era stato un palese omaggio alla commedia classica americana, questo è la sua personale ode al noir. Siamo molto più vicini a Chinatown di Polansky che a LA Confidential di Hanson, anche nella durata.

New York, siamo negli anni 50 a occhio. Lionel Essrog è quello che oggi definiremmo un autistico funzionale, ma che in quell’epoca, da orfano, veniva etichettato come quello “strano” e trattato di conseguenza.
Solo il detective Frank Minna è stato capace di scorgere le sue reali capacità e l’ha inserito nella sua agenzia. Frank ficca il naso una volta di troppo in una faccenda più grande di lui e per questo si becca una pallottola. Lionel non può lasciar correre, più che per vendetta, per gratitudine e per il suo costante bisogno di mettere le cose al loro posto.

L’idea di Norton è quella di andare a scavare nei meandri della politica corrotta del tempo, in quei meccanismi oggi molto chiari, che in quegli anni le persone non pensavano nemmeno potessero esistere. Una città come New York, per diventare la Grande Mela, con i suoi ponti, le sue metropolitane e i suoi grattacieli, avrebbe dovuto sacrificare la sua stessa anima… e i suoi cittadini più deboli... che so… i neri per esempio.

L’intento è lodevole, e per trovare dei parallelerismi con la quotidianità non ci vuole il genio della lampada, più ostica la strada intrapresa. Il regista/sceneggiatore non si è voluto preoccupare minimamente dello spettatore medio americano, perché non ce ne vogliano, ma dubitiamo che riescano a seguire l’intreccio con facilità e capacità di anticipazione, preferendo lo spessore e le stratificazioni dei complotti. La scelta giusta per chi vuole un po’ di “ciccia” in una storia.

Edward Norton assurge al ruolo di demiurgo del tutto visto che scrive, dirige e ne è protagonista, ma se lo può permettere, visto che fino a 10 anni fa (per quelli che non lo sapessero) era considerato il miglior “gioiello della corona” hollywoodiana. Poi, forse per il suo carattere non semplicissimo sul set, o per scelte personali, è passato in secondo piano, beh… male perché è ancora il maledettissimo numero uno e il suo personaggio è credibile sin dalla prima scena.
Peraltro non è che il cast di contorno sia da meno a partire da Alec Baldwin che si “mangia” chiuque gli si avvicini e non si chiami Edward.

Certo il film è molto lungo e con un ritmo decisamente dilatato, ma non lo era anche Chinatown appunto?
Il pubblico frenetico di oggi abituato al popcorn movie non lo digerirà, ma chi ama il cinema e l’atmosfera ne godrà pienamente.