Millennium: Quello che non uccide...
I romanzi della saga di Millenium, nonostante siano recenti, iniziano ad avere una lunga serie di trasposizioni, partendo da quella svedese, passando per la serie TV fino a quest’ultimo lavoro che però non può fare a meno di fare i conti con la versione di Fincher.
Partendo da questo presupposto e stabilito che il buon Fede Alvarez, non ce ne voglia, non ha lo stesso respiro di Fincher, anche se ha fatto un buon lavoro, resta da capire come declinare i due personaggi principali.
Il giornalista Mikael Blomkvist era Daniel Craig, qui, ora, abbiamo lo svedese Sverrir Gudnason, che sinceramente è stato un miglior Borg piuttosto che Blomkvist. La sua continua mestizia si attacca anche al film e lo affardella, un peccato.
Diverso il discorso per Lisbeth. Claire Foy ha un’espressività unica, anche se non ha la fisicità e il distacco di Noomi Rapace (la migliore di tutte), che la rende più credibile di Rooney Mara. In ogni caso compito difficile per gli inevitabili paragoni.
Quello che non uccide è una storia intricata con legami di sangue che entrano in gioco e dove il personale travalica l’evento stesso.
Lisbeth questa volta si trova intrappolata in una rete da cui non riesce a tirarsi fuori perché tutto sembra puntare il dito su di lei e la rende così un bersaglio per tutte le forze in campo, dalla polizia svedese, all’NSA fino alla mafia russa.
Una trappola ideata appositamente per lei.
E’ un film volutamente main stream che riesce perfettamente nel suo intento, tenere lo spettatore in tensione, spiazzarlo in modo che arrivi alla fine con costanti dubbi sull’esito (se non ha letto i libri ovviamente).
Le scene d’azione sono ben girate e spettacolari il giusto, quanto meno quando ci sono di mezzo delle auto, zoppicano un po’ di più negli scontri fisici, ma alla fine facciamo sempre tutti il tifo per lei, la donna che raddrizza i torti… quasi tutti.