Mi chiamo Boss, Baby Boss
Parla come un agente segreto ma fisicamente ha solo pochi mesi; blatera al telefono e impartisce ordini in completo nero con tanto di cravatta e reggicalze ma non rinuncia al suo biberon.
E' Boss, Baby Boss, il lattante più atteso della stagione che sbarca finalmente nelle sale italiane, pronto al sicuro successo.
Il nuovo arrivato di casa Dreamworks è infatti tra i film più pubblicizzati degli ultimi mesi e non deluderà i piccoli spettatori, ansiosi di assistere all'eterna battaglia tra fratelli, quella che molti vivono quotidianamente, quella che in tutti i neo fratelli maggiori incute un timore quasi ancestrale.
Originale e ben congegnato, il film di Tom McGrath diverte e intrattiene come tutte le grandi produzioni animate hollywoodiane, utilizzando come asso nella manica due differenti tipi di animazione: a quella estremamente digitalizzata della vicenda narrata, se ne affianca infatti una più tradizionale e dai colori più decisi e marcati quando interviene la fervida immaginazione di Tim che trasforma ogni banale attività in una entusiasmante avventura.
Se nel presente il bambino ha i lineamenti arrotondati ed è caratterizzato da colori tenui, quando immagina di essere un pirata o un astronauta, i colori si fanno più decisi, i movimenti meno fluidi e il tutto rimanda ad una dimensione più favolistica, offrendo una mistione accattivante e interessante al tempo stesso, con cui il regista sembra quasi voler rendere omaggio al genere e alla sua evoluzione nel corso dei decenni.
Molti sono i temi trattati oltre a quello del complicato - ma unico nel suo genere - rapporto tra fratelli, primo fra tutti l'amore dei genitori che si moltiplica per ogni figlio. Tim si sente spodestato dal piccolo tiranno che prende il comando di casa Templeton, gli sembra che i genitori lo dimentichino in favore del neonato continuamente desideroso di cure ma ben presto, scoperto chi è veramente e messo al corrente della sua missione, inizierà a collaborare con lui facendo gioco di squadra e capendo che in due ci si diverte molto più che da soli.
Come già avvenuto con Cicogne in missione, i bambini non mancheranno di chiedere ai propri genitori delucidazioni circa la loro provenienza...e allora vi toccherà prepararvi "IL" discorso tanto temuto su come nascono i bambini!
La prima parte, decisamente più comica, con il piccolo Boss che ne combina di tutti i colori, regalando smorfie e gag una più spassosa dell'altra, lascia poi il posto ad una seconda ben più avventurosa in cui i due fratelli si scontreranno con il cattivo di turno e con il suo piano surreale.
Baby Boss non raggiunge la profondità di certi colleghi della Disney ma ha stoffa e la cura dei dettagli ne è la prova; dalla giostrina in cui alle classiche apine si sosituisce il logo della Dreamworks, alla sveglia a forma di mago con cui si sfoga Tim, dalla "babysitter mannara" che scimmiotta Mary Poppins al pupazzetto antistress a forma di messicano che il piccolo Boss stritola voracemente, ce n'è davvero per tutti i gusti e il consiglio spassionato è di osservare attentamente lo schermo per scoregere, di volta in volta, particolari sempre più esilaranti.
Bisogna solo vedere come gli animalisti prenderanno la tematica dei cuccioli che vanno per la maggiore ai danni dei neonati e del cane che rimane sempre cucciolo ideato dal vendicativo Super Colossale Gran Ciccio Baby Boss. Per il resto, divertimento assicurato per tutta la famiglia e un protagonista originale, travolgente, dispotico e inaspettatamente tenero.