Marlina, storia di giusta violenza

Il terzo film della regista indonesiana Mouly Surya è ambientato nell'isola di Sumba, una regione rurale e profondamente patriarcale in cui la concezione della donna è molto arcaica, incentrata su ruoli ben definiti e che siano sostanzialmente di servizio all'uomo di turno. Non è dunque sorprendente che una donna sola come Marlina venga presa di mira da un gruppo di uomini che vogliono derubarla di tutto quello che ha. In questo caso però, queste persone hanno commesso un enorme errore di giudizio.

Fin dalle prime sequenze si capisce in maniera molto chiara che Mouly Surya ha voluto realizzare un western, e la colonna sonora richiama direttamente le atmosfere sonore di Ennio Moricone. Anche i paesaggi indonesiani scelti dalla regista riecheggiano quelle visioni fatte di distese sconfinate in cui i protagonisti sono sostanzialmente soli con i propri demoni, e che più che avere compagni di viaggio hanno incontri con altri passeggeri diretti ad altre destinazioni. Mentre questo discorso è valido per gli esterni, nelle riprese degli interni assistiamo a un procedimento del tutto differente. Si può notare infatti una delimitazione molto precisa degli interni, che richiama l'arte barocca nella teatralità della messa in scena (l'illusione di trovarsi di fronte a un palco è perfetta), e la pittura fiamminga nella maniacalità dei dettagli. Anche in fase di scrittura c'è una netta differenziazione tra interni ed esterni. Gli interni sono i luoghi della violenza, del cupo proposito di ribellione, mentre gli esterni ariosi invitano alla leggerezza e persino a un sottile umorismo che permea in modo rinfrescante anche le riflessioni più amare.

Il lavoro sugli attori è del tutto in sottrazione: non c'è mai enfasi in alcun personaggio, non c'è ricerca del melodramma o di forme di psicologia messa chiaramente in mostra. Ogni momento è vissuto nell'intimità e ogni azione è il culmine di un processo individuale o ancestrale che esprime le polarità di conformismo e ribellione. il conformismo è tutto nelle mani degli uomini, mentre la ribellione è tutto nella volontà delle donne. 

Dunque siamo di fronte a una pellicola molto raffinata, sia dal punto di vista formale che di contenuto, in cui non c'è alcun compiacimento nel mostrare la violenza, ma molto ispirazione nel mostrare la speranza.