Marguerite e Julien - La leggenda degli amanti impossibili

Se nel 1973 il Maestro  della Nouvelle Vague, François Truffaut, aveva rinunciato a dirigere un film tratto dalla sceneggiatura Marguerite e Julien, scritta dal suo geniale collaboratore Jean Gruault, un motivo ci sarà pure stato! Valérie Donzelli, ignorando il fiuto del mitico regista francese, imprudentemente gira Marguerite e Julien – La leggenda degli amanti impossibili, un’opera confusa, pesante e fastidiosamente pretenziosa.

Siamo nella camerata di un orfanotrofio in un’epoca lontana – probabilmente il 1700 – quando la più grande delle ospiti inizia a raccontare alle altre bambine la leggenda di Julien e Marguerite de Ravalet, figli del Signore di Tourlaville: la storia narra l’amore proibito tra un fratello e una sorella che, nel 1600, a causa di quella scandalosa passione furono costretti alla fuga…

Nonostante il tema dell’incesto, la trama è semplice, ai limiti del banale. Sembrerebbe dunque impossibile realizzare un film poco chiaro, specialmente se le mani sulla macchina da presa sono quelle di Valérie Donzelli, che nel 2011, con La Guerra è Dichiarata, dimostrò grandi abilità registiche oltre che narrative, eppure… Eppure, la cineasta d’oltralpe, coadiuvata dall’ex compagno e suo attore feticcio Jérémie Elkaïm, rielaborando il lavoro di Gruault costruisce un lungometraggio a dir poco disastroso.

In Marguerite e Julien il caos regna sovrano, non si riesce infatti a comprendere quale direzione volesse prendere la regista, sempre ammesso che lei stessa ne fosse a conoscenza. Sì, perché la frenetica ricerca di stile ed estetica, e i voluti, continui anacronismi temporali – elicotteri e macchine che si alternano a carrozze e cavalli –  si rivelano essere capricci inconsistenti atti solo a  trasformare la pellicola in una collezione di puri formalismi: sterili, seppure a tratti magnifici, pezzi di un puzzle incastrati senza logica. La potenza visiva di molte immagini è comunque straordinaria, anche se è proprio in questa bellezza troppo ostentata che si annida il limite del film: le emozioni che i due scabrosi amanti dovrebbero trasmettere scompaiono, inghiottite dal gorgo dello stilismo.

Marguerite e Julien è un’opera ambiziosa che, complice un montaggio folle, naufraga in una narrazione noiosa e spesso incomprensibile, dove elementi pop sbucano improvvisamente all’interno di un melò settecentesco mascherato da fiaba. Purtroppo, in questo tsunami cinematografico finiscono per inabissarsi anche gli attori protagonisti, Jérémie Elkaïm e Anaïs Demoustier, che, nel tentativo di restare a galla, annaspano per 103 minuti - ore infinite per lo  spettatore - e, sfortunatamente ... senza nessuna zattera o salvagente in grado di migliorare la situazione.

Peccato, perché le aspettative erano tante, e forse proprio per questo è così forte la delusione. Però se, a suo tempo, anche François Truffaut  s'era tirato indietro…  qualche domanda bisognava pur farsela. O no?