Ma' Rosa
Sotto una pioggia battente, e con i piedi calzati in un paio di infradito scadenti, Ma’ Rosa e suo figlio fanno ritorno a casa con le sacche piene di provviste per il piccolo discount che la donna gestisce assieme alla famiglia (lei, un marito, quattro figli). In uno dei quartieri più poveri di Manila, tra gli slums disperatamente poveri e sovraffollati, Rosa Reyes conosce tutti e sa molto bene come gestire la ‘vita’, ma i soldi mancano sempre e così lei e suo marito pur di arrotondare sono costretti anche all’esercizio di attività ‘illecite’, a vendere ‘ghiaccio’. Fin quando una sera, dietro soffiata di un conoscente, la polizia piomba in casa della donna e arresta lei e il marito. A quel punto, l’unico modo per garantire il rilascio dei due sarebbe fare affidamento sulla corruzione dei poliziotti. Ma la cifra richiesta in cambio della liberazione è insostenibile, e allora starà ai figli, sparpagliati per le strade indigenti e l’arretratezza culturale del loro mondo, tentare di racimolare – con ogni mezzo possibile – il denaro necessario a riportare a casa i propri genitori.
Brillante Mendoza (autore filippino assai conosciuto e Miglior Regia a Cannes 2009 per Kinatay – Massacro), mette in scena una pagina crudissima di neorealismo fillippino cucendo addosso alla sua Ma’ Rosa del titolo (una splendida Jaclyn Jose - premiata a Cannes per la migliore interpretazione femminile) il disagio endemico di una società incapace di scrollarsi di dosso la propria profondissima e dolorosissima precarietà.
Immersa in una livida fotografia attraversata quasi sempre da una pioggia sfiancante che restituisce tutto l’affanno della realtà in cui si muove la storia, Ma’ Rosa è una piccola Don Chisciotte che combatte faticosamente contro i mulini a vento di una povertà che la consuma, ogni giorno, dentro e fuori. Mendoza trova nell’espressività e nei ‘traffici quotidiani’ della sua protagonista la fotografia più concreta del mondo che vuole descrivere, impantanato tra pioggia, disordine, corruzione dilagante, prostituzione minorile, delinquenza, e generale disperazione.
Camera a mano, il regista filippino segue la sua antieroina e i suoi piccoli assistenti (i figli) nella via crucis che la porterà forse alla salvezza di quel giorno, e di quella storia, ma mai sotto la luce piena di una vita serena, e priva d’affanni. Eppure, Ma’ Rosa è anche la forza e la caparbietà di una donna che si è fatta da sola, ha cresciuto i propri figli nel senso di solidarietà e amore, e combatte per la propria vita senza sconti, senza scorciatoie. La sua esistenza da combattente le ha segnato il volto, gli occhi, il fisico, ma non le ha tolto la voglia di esser moglie, madre, donna fino in fondo, fatta di quella determinazione incrollabile che si porta dentro come un dono e come un fardello.
Ma' Rosa è un’opera desolante e magica che nel suo muoversi sinuoso a raccordare volti e voci di esistenze tutte ugualmente confinate nei loro drammi, ci parla di sopravvivenza e di lotta continue, e di una povertà che non è solo mancanza di denaro e cose materiali, ma soprattutto impossibilità di immaginare un futuro, quale che sia, fuori da quel pantano esistenziale.