L’ora più buia – Grazie, Winston!

L’ora più buia finisce dove inizia Dunkirk e racconta la storia che va dalla nomina di Winston Churchill a Primo Ministro della Gran Bretagna nel maggio del 1940, quando le sorti della seconda guerra mondiale sembravano ormai segnate per l’impero britannico, fino, per l’appunto, alla storica mobilitazione del popolo inglese che attraversa la Manica con natanti e barche civili per andare a salvare l’esercito britannico bloccato sulle spiagge francesi con l’armata nazista sempre più incalzante e pericolosa, e ricondurlo in Patria. Quella mobilitazione popolare che, vediamo alla fine del film  rappresenta il paradigma dell’opera realizzata dal regista Joe Wright, che già con Espiazione nel 2007 – tratto dal  romanzo di Ian McEwan – aveva affrontato il periodo bellico della seconda guerra mondiale.

L’ora più buia è infatti un film politico ed ha nella dicotomia tra intrigo politico e volontà popolare la sua cifra contenutistica. Wright, londinese di nascita, nel raccontare il personaggio chiave di questa vicenda, Winston Churchill, ci rappresenta, di fatto, uno spaccato crudo  e inclemente della politica che da nobile arte del governo della cosa pubblica, si trasforma in intrigo di Palazzo per soddisfare le proprie brame di potere. Anche nelle auguste aule del Parlamento inglese le trame e le trappole sono all’ordine del giorno, anche quando sullo sfondo vi è il più temibile dei pericoli che la democrazia inglese abbia corso. L’esercito nazista è alle porte, e nelle riunioni del Consiglio di Guerra si parla di come affrontare l’imminente invasione tedesca. La situazione è talmente compromessa che quella di una resa ai nazisti sembra essere la soluzione più indolore. Ed è proprio su questo rovello, che si costruisce la mitologia di Churchill, di cui si riempiranno i libri di storia del dopoguerra. “Il primo a temere la nomina di Churchill a Primo Ministro è proprio Hitler”, si dice ad un certo punto del film ed in effetti, sin dall’incipit del suo discorso di insediamento “Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”, si intuisce che le sorti del conflitto scaturiscono anche dallo scontro di due personalità – Churchill campione della libertà e della democrazia ed Hitler, il male assoluto. Eppure, il ritratto dello statista è tutt’altro che edificante: iroso e collerico,  presuntuoso, superbo, tronfio e spocchioso, dedito all’alcol ed al cibo, autoreferenziale. Questo è l’uomo al quale, probabilmente, le generazione future devono gratitudine per la libertà mantenuta e per un mondo  meno brutto. Questo è l’uomo che non cedendo alla tentazione della soluzione più facile – accordarsi con il Diavolo -  rimane da solo a combatterlo – i francesi avevano capitolato, gli americani cincischiano in una neutralità autolesionista- e lo fa chiedendo un sacrificio supremo al suo popolo che lo segue senza esitazioni e con assoluta abnegazione. La scena sulla metropolitana, per quanto un po' teatrale , è però altamente significativa.

Wright, grande costruttore di scene complesse (carrellate e piani sequenza realizzati con grande stile) per raccontare questa epopea si affida ad un mostro sacro, un attore icona, come Gary Oldman. Il risultato va al di là di qualsiasi più rosea aspettativa. Oldman, trasformato nel fisico e nelle sembianze lascia senza fiato. Un’interpretazione a tutto tondo quella dell’attore inglese, dalla camminata faticosa, alle movenze impacciate, dal sorriso sghembo, alle improvvise sfuriate d’ira, dal biascichio nelle relazioni private, all’enfasi oratoria dei discorsi ufficiali. Con un altro interprete, sarebbe stato certamente un altro film.

L’ora più buia, da vedere, è per tutti.