L’ombra delle spie - L’eroe per caso che salvò il mondo
Il film racconta la vera storia di Greville Wynne, un commesso viaggiatore inglese che si ritrova, suo malgrado, coinvolto in una vicenda di spionaggio tra Unione Sovietica e mondo occidentale. Come nella migliore tradizione di un’opera di finzione, (ma qui, ripetiamo, è davvero tutto realmente accaduto), Greville è vittima degli eventi, sopraffatto da accadimenti più grandi di lui, dei quali non ha il controllo e dei quali intravede solo le sfumature. L’evoluzione è quella classica delle vicende che si raccontano; il protagonista, dapprima recalcitrante e, giustamente, impaurito da ciò che gli si richiede (fare da contatto con un colonnello sovietico che ha deciso di passare dall’altra parte della cortina, fornendo informazioni militari molto importanti), entrerà sempre di più nel ruolo di spia, fino a rischiare la vita per portare a termine la sua missione.
A vestire i panni di questo “eroe della strada” è Benedict Cumberbatch (con due insoliti baffi che ne celano le fattezze efebiche) diretto da Dominic Cooke (che nel 2017 aveva portato sugli schermi Chesil Beach, tratto dal romanzo di Ian McEwan), regista britannico specializzato in opere liriche (oltre 50 nella sua carriera), che compie con diligenza il suo compito, riuscendo a restituirci la giusta atmosfera di un genere, quello delle spy-stories, che annovera molti esempi di ottimo cinema. Il caldo mogano di un interno di una casa londinese è contrappuntato dalla fredda impersonalità di un appartamento di Mosca; la contagiosa esuberanza di un pub si stempera nella asettica sala di un elegante ristorante russo (dove, però, si pasteggia con copiose terrine di caviale).
Ma è, probabilmente, nel rapporto tra la spia improvvisata e il colonnello “disertore” (l’attore georgiano Merab Ninidze, molto bravo) che il film trova il suo filo d’oro. Amicizia, passioni, comuni interessi, un’innata reciproca simpatia, sono alla base delle vicenda, che avrà, purtroppo ma inevitabilmente - è la storia che ce lo insegna -, un triste epilogo. Eppure, a dar retta a quello che si racconta, se agli inizi degli anni ’60 il pianeta riuscì ad evitare un disastroso conflitto nucleare, lo dobbiamo proprio a questi due “amici” per caso.