Lettere da Berlino
Quale fu la responsabilità del popolo tedesco nei confronti degli eccidi nazisti? Possibile che nessun cittadino ebbe il coraggio di insorgere al cospetto di tanto orrore? Lo svizzero Vincent Pérez con Lettere da Berlino, trasposizione filmica del capolavoro letterario di Hans Fallada Ognuno muore solo, racconta la vera storia di una coppia di coniugi berlinesi che, a seguito della morte in guerra del loro unico figlio, troveranno la forza di ribellarsi alla dittatura imposta da Hitler.
Otto Quangel (Brendan Gleeson) e sua moglie Anna (Emma Thompson) – che nella realtà si chiamavano Otto ed Elise Hampel e subirono la perdita del fratello di lei – sono un operaio e una casalinga che nel 1940 iniziano a disseminare le scale dei palazzi della loro città di cartoline anonime che invitano i cittadini ad aprire gli occhi sul Fhurer. A dar loro la caccia sarà l’ispettore della Gestapo Escherich…
Vincent Pérez, di sangue germanico da parte materna, dopo aver con fatica ottenuto i diritti cinematografici del romanzo di Fallada (all’anagrafe Rudolf Ditzen) realizza un’opera ben fatta, anche se non del tutto convincente. Già, perché nonostante la splendida fotografia, le scenografie impeccabili, il cast perfetto e la sceneggiatura solida, Lettere da Berlino risulta essere a tratti un lavoro freddo, distaccato. Il regista svizzero, girando con competenza ma senza slanci di cuore, rende l’intera operazione priva di quell’energia emotiva indispensabile per catturare fino in fondo gli spettatori: in un film senz’anima, la forma vince sulla sostanza.
A causa di questa patina di perfezione la pellicola perde inevitabilmente quella profondità psicologica di cui sono invece intrise le quasi 700 pagine del libro. Fallada, al contrario di Pérez, dipingendo infatti ogni personaggio con mille sfaccettature descrisse l’atmosfera di terrore che avvolgeva i tedeschi: ecco dunque in parte svelata quella non-reazione al nazismo. La paura endemica e totale che i “sudditi del Fhurer” vissero sulla propria pelle, e da cui nessuno poteva sentirsi immune, nel film è comunque ben rappresentata dalla figura di Escherich (Daniel Brühl), che pur facendo parte della Gestapo sopporterà in silenzio le violenze sia fisiche che psicologiche procurategli dalle SS. La crescente suspense creata dal regista è inoltre un elemento di grande presa sul pubblico e, per chi non conoscesse l’epilogo della vicenda, la curiosità sarà una fedele compagna fino alle ultime sequenze. A Vincent Pérez va il merito di avere portato sul grande schermo un fatto reale a molti sconosciuto, uno spaccato di resistenza privata che rende giustizia a tutti quei cittadini tedeschi, e non, pronti a sacrificare la propria vita con azioni singole quasi sempre suicide.
Muniti soltanto di carta e penna, Otto e Anna erano convinti di poter mutare il corso della Storia. Sappiamo bene che ciò non avvenne, ma con puntualità e rigore il regista di Losanna ricorda a ognuno che l’importante è crederci.