Les Éternels: L’odissea amorosa di due amanti in perenne rincorsa in una Cina contemporanea

Pelle d’alabastro e lineamenti da bambola, la giovane ballerina Qiao (una bravissima Zhao Tao) s’innamora di Bin (Liao Fan), un gangster locale dal volto ruvido e dall’aura misteriosa. Nell’economia della storia è lui, uomo addestrato alla legge della violenza, a guidare lei nella conoscenza del mondo in cui vivono. Lei fa dunque suo il mondo di Bin e ci si adegua in qualche modo, fuma il sigaro e impara a usare la pistola. Una sera, però, le bande rivali in fermento tendono un’imboscata violentissima a Bin che rischia di rimetterci la pelle. Qiao prende allora la pistola che il compagno le ha dato e senza pensarci su due volte fa fuoco. Il suo gesto di aiuto nei confronti del compagno le costerà però cinque anni di pesante carcere, alla fine dei quali Qiao partirà in viaggio alla ricerca di Bin. Ma le cose, nel frattempo, sembrano essere cambiate.

Il regista cinese di Still Life e Al di là delle montagne Jia Zhang-ke arriva in concorso a Cannes con Les Eternels (Ash is the purest white), una storia d’amore tormentata e dilatata lungo un periodo che va dal 2000 al 2016. Ipoteticamente diviso nei quattro capitoli (che si rispecchiano anche nelle incredibili trasformazioni fisiche della protagonista Qiao) che segnano l’inizio, la rottura, la ricerca e l’epilogo della storia d’amore tra Qiao e Bin, Jia Zhang-ke sembra percorrere (similmente a quanto fatto da Pawlikowski nel suo Cold War) rivoluzioni e vicissitudini di un sentimento che cambia e si trasforma in base (anche, ma non solo) alle circostanze.

Nella transizione temporale effettuata da Les eternels e in questa lenta scansione di tempo che muta sedici anni di relazione in una sorta di infinito amoroso, il regista cinese ingaggia con i suoi protagonisti quasi un confronto per la supremazia del sentimento. Lo scambio dei ruoli è in quest’ottica fondamentale ai fini della narrazione, e si realizza attorno al passaggio di testimone che verrà poi elegantemente sancito da due scene speculari (una nella parte iniziale del film mentre l’altra in quella finale) entrambe fotografate sullo sfondo di un manto erboso che si estende a vista d’occhio.

Un lungo viaggio che osserva da vicino e poi dalla distanza il continuo ribaltamento dello status amoroso dei due amanti, in un lento fluire che assomiglia più allo scorrere di un flusso d’acqua che non a un vero e proprio film. Una cifra estetica che domina la scena, intercettando tanto nella dimensione naturalistica quanto in quella umana bellezza e disincanto di questo poetico affresco sentimentale.

Ma se le qualità tecniche del film (regia, fotografia, colonna sonora) così come la prova dell’attrice protagonista sono obiettivamente di livello, la narrazione tende nel suo lungo peregrinare a smarrire o cambiare un po’ il fuoco del discorso, impendendo un processo di piena empatizzazione con la storia. In particolare, dall’incipit di gran movimento e totalmente immerso in un’atmosfera di gangster  e malavita, Les Éternels poi vira verso la lunga ricerca esistenzialista di Qiao, lungo un perimetro geografico che insegue le tracce dell’amore o forse di sé stessa. Una transizione che muta di colpo dunque anche il ritmo del film diminuendone lievemente anche l’impatto emotivo sullo spettatore.