Les souvenirs
Il romanzo L’eroe quotidiano di David Foenkinos pubblicato in Italia a cura delle Edizioni E/O ha esercitato una forte attrazione sull’attore-regista Jean-Paul Rouve, tanto da volerne realizzare un film.
Nasce così Les Souvenirs. L’idea è quella di far si che il lato banale del reale quotidiano emerga all’interno di uno spazio raffinato, quasi magico.
Come un vero ipnotizzatore, Rouve riesce a provocare nel pubblico questa specie di allucinazione collettiva, innescando l’ideale mitologico dell’uomo qualunque. Ci si affeziona ai protagonisti di Les Souvenirs che, pur nei momenti peggiori, si sottraggono alla disperazione con una battuta di spirito. Tutti i personaggi del film s’interrogano sulla loro vita e sul proprio ruolo, riconoscendo appieno i sintomi della loro insoddisfazione; ma, l’unica davvero in grado di valicare questi limiti è Madelaine, la nonna ultra-ottantacinquenne. «Non ne posso più che gli altri decidano per me» afferma l’anziana signora al nipote Romain e in questo sfogo è racchiusa tutta la frustrazione di una persona che non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo. Per questo, Madelaine decide di evadere da una casa di cura parigina, associata con la minaccia di una caducità accelerata, per tornare ai luoghi della propria infanzia. Il figlio interpretato dalla star della comicità d’Oltralpe Michel Blanc, invece, non ha la stessa forza della madre di modellare il proprio futuro post pensionamento. A cancellare la cesura intercorsa tra queste due generazioni vi è il giovane Romain, contrassegnato da una straordinaria freschezza e candore: due doti apparentemente aliene a un ragazzo di ventitré anni, di solito preda del panico associato al passaggio verso l’età matura.
Il rischio che Rouve corre in Les Souvenirs è di non spingere al limite delle sue possibilità il tema del trascorrere del tempo.
L’autore dimostra una cura maniacale nella costruzione di una struttura logico-narrativa improntata sulla sospensione di qualsiasi frenesia, piegando il ritmo a una calma mperturbabile. La potenziale drammaticità di una scena viene asciugata e dislocata altrove: quello che accade è la compiutezza formale di una serie di episodi dapprima asciugati e poi cristallizzati.
Ciò non significa che la pellicola si chiuda in se stessa e lo spettatore perda interesse alla storia narrata. Il potere del cinema francese che Rouve professa è racchiuso nell’atto di portare in superfice il flusso capillare delle sfumature sotterranee del cuore. Non dimentichiamocelo.