Last Christmas, perché un film di Natale a Londra è sempre una buona idea
Impossibile non pensare al celebre, indimenticabile, sempre attualissimo brano degli Wham!, Last Christmas: e il film di Paul Feig è ispirato proprio alla canzone che tutti noi, ammettiamolo, aspettiamo di cantare ogni Natale. Ma il titolo del film e la sua origine, non sono l'unico punto forte di una delle pellicole più attese della stagione.
A questo asso nella manica, si aggiunge infatti Emma Thompson, autrice della sceneggiatura, il cui nome, da solo, è bastato a convincere Paul Feig a dirigere il film. Del resto, un mostro sacro come lei, già protagonista di uno tra i film natalizi più amati di sempre quali Love, actually, non poteva che essere garanzia di buona riuscita del film. E poiché non c'è due senza tre, per tutti i nostalgici di Game of Thrones, quale migliore occasione per ritrovare l'amata Daenerys, sebbene nei panni di una giovane dalla vita disastrata, che lavora come elfo in un negozio di oggettistica di Natale?
Last Christmas ha davvero tutte le carte in regola per entrare a far parte del genere, non a caso è schizzato al primo posto della classifica inglese grazie ad un regista capace di creare l'atmosfera giusta, un cast di nomi altisonanti, risate e lacrime – non dimenticate i fazzoletti – e una location suggestiva e amatissima, ovvero Londra. E naturalmente, grazie ad una sceneggiatura solida e ben scritta – seppure non del tutto priva di rimandi e situazioni già viste -, frutto di otto lunghi anni, che ha visto la collaborazione, per la prima volta, dell'attrice Emma Thompson e di suo marito, Greg Wise.
Last Christmas mette in scena la bizzarra e sconclusionata esistenza di Kate; girovaga tra gli appartamenti degli amici dai quali finisce irrimediabilmente per essere allontanata, vestita da elfo e quotidianamente comandata a bacchetta da Michelle Yeoh - nella veste inusuale di capa dalla lingua biforcuta e dunque molto british - la giovane nasce Katarina e proviene da una famiglia di immigrati jugoslavi fuggiti durante la guerra. Nel pieno della Brexit, il film di Paul Feig si inserisce, neanche troppo di soppiatto, in un genere, che forse prenderà piede o forse scoppierà come una bolla di sapone, dedito non solo a contrastare la decisione di uscire dall'Europa ma anche a parlare di immigrati, questione scottante, mai come in questo momento storico.
Non solo luci, amore, e canzoni di Natale ma anche una sottile riflessione sulla quotidianità politica e sociale. Il tutto ammantato di quel tocco di sovrannaturale che, volenti o nolenti, ci farà mettere mano ai suddetti fazzoletti, imprescindibili con ogni film natalizio degno di questo nome.
Emilia Clarke per l'occasione ha cantato in prima persona il brano che la vede protagonista di un'audizione – il suo sogno è diventare cantante – e ancora una volta, dopo Io prima di te, si ritrova ad interpretare un personaggio dall'abbigliamento stravagante e con una vita a dir poco confusionaria. C'è da sperare che esca presto da questo ruolo perché, per quanto perfetta con la sua comica ed efficace gestualità fisica e facciale, non c'è dubbio che nasconda ottime doti da testare con altri generi.
Girato molto spesso in piena notte per evitare la folla di curiosi, il film di Paul Feig, già regista di Le amiche della sposa e Corpi da reato, mette ancora una volta al centro della narrazione personaggi femminili forti, scontrosi, pieni di dubbi, spaventati e amorevoli al tempo stesso. Personaggi poliedrici, come sono le donne. E si avvale della presenza di un volto giovane e piacente quale quello del bravo Henry Golding che, nelle vesti di salvatore di Kate, le rivela ben presto il suo impegno come volontario, stesso impegno che anche George Michael aveva dedicato ai senzatetto.
Il cast funziona, la narrazione e la colonna sonora anche e i buoni sentimenti, seppur conditi dall'adorabile umorismo britannico, la fanno da padrone, pur senza forzare la mano.