Last Christmas: condoglianze di Natale

L’Italia è una Repubblica fondata sulla disoccupazione” è la didascalia che apre il primo lungometraggio diretto dal sardo classe 1982 Christiano Pahler e che viene attribuita alla mamma, dopo la cui prematura scomparsa il regista e il fratello vennero sbattuti da un ufficio all’altro per sbrigare le pratiche di successione. Del resto, con un titolo preso in prestito dal successo musicale degli anni Ottanta cantato da George Michael ed evidenti e dichiarate influenze autobiografiche, i protagonisti del suo esordio sono proprio due fratelli costretti ad incappare in rocambolesche (dis)avventure pur di dare una degna sepoltura alla madre, spentasi la mattina della vigilia di Natale.

Fratelli in possesso delle fattezze di Andrea Bruschi e Gabriele Farci e che, scontrandosi con una burocrazia caotica e improvvisata mista all’immobilismo che contraddistingue il piccolo paese, vedono messo a dura prova ciò che rimane della loro famiglia in una tanto grottesca quanto surreale giornata spaziante da pompe funebri chiuse per lutto (!!!) a becchini che si chiamano Natale e Pasquale Felice (!!!). Perché, se la scelta di ricorrere ad un episodio tragico per giocarci d’ironia può lasciare tranquillamente pensare alle storie portate sullo schermo da Mario Monicelli, la tipologia di battute e situazioni sembra rimandare alla vecchia commedia di Totò e simili; nel corso di un’operazione caratterizzata dal passato a colori e il presente in bianco e nero, in omaggio a cult degli anni Novanta quali Clerks – Commessi di Kevin Smith e L’odio di Mathieu Kassovitz, ma anche utile per isolare spazio e tempo.

Un’operazione sicuramente trapelante teatralità grazie anche alle ottime prove sfoggiate dagli attori comprendenti, tra gli altri, la Evita Ciri de Il venditore di medicine e Piergiorgio Bittichesu, ma che, allo stesso tempo, trasuda rimandi cinematografici che vanno da Paper moon – Luna di carta di Peter Bogdanovich al “Dammi un po’ di zucchero baby” del raimiano L’armata delle tenebre.

Senza contare l’arrivo in un ridicolo locale che sembra uscito direttamente dalla situazione di apertura di Un lupo mannaro americano a Londra... mentre, rockeggianti nei momenti comici e rappresentate da suonate al piano in quelli maggiormente malinconici, le musiche a firma di Raffaele Petrucci insieme allo stesso Pahler accompagnano a dovere una pulita regia che evita in Last Christmas i ritmi frenetici e incalzanti della risata grassa dei moderni prodotti da ridere nostrani per abbracciare, invece, il più pacato ed elegante sorriso dolce-amaro proto-Alexander Payne.