La Vita Possibile

Che al giorno d’oggi la violenza maschile sulle donne stia assumendo una pericolosa crescita è un triste dato di fatto. Basta sfogliare infatti qualsiasi quotidiano per leggere notizie su agghiaccianti ‘femminicidi’, se poi si pensa che la gran parte di tali atrocità avvengono tra le mura domestiche c’è da rabbrividire. Tra le tante vittime di maltrattamenti qualcuna però riesce fortunatamente a ribellarsi, ma quanto pesante è la zavorra di cui si dovranno disfare per costruire una nuova vita per loro stesse e i propri figli? Ivano De Matteo in La Vita Possibile racconta la storia di speranza e di rinascita di Anna che, in fuga dal marito violento, sarà costretta assieme al figlio Valerio, un adolescente di tredici anni, ad abbandonare Roma per raggiungere Torino e rifugiarsi dall’amica Carla.

Dopo La Bella Gente, Gli Equilibristi e I Nostri ragazzi, il regista romano torna a parlare di famiglia, e se nei suoi film precedenti i nuclei familiari da lui raccontati si sgretolavano nel tempo come castelli di sabbia, ne La Vita Possibile avviene esattamente il contrario: ricostruire esistenze andate in frantumi. De Matteo non si sofferma nel rappresentare gli abusi fisici e mentali a cui è sottoposta la protagonista, anzi, è soltanto grazie a una sola scena che lo spettatore verrà catapultato in una pesante realtà fatta di pugni e sberle. La scelta di non focalizzare il suo lavoro sulle brutalità inflitte alle donne è una mossa decisamente abile, perché ciò che preme al regista è far comprendere al pubblico come sia possibile, anche se doloroso, dopo tanto orrore intraprendere un percorso di vera rinascita.

Attraverso gli occhi e lo smarrimento del giovane Valerio, amputato di qualsiasi punto di riferimento affettivo eccetto quello materno, De Matteo con grande delicatezza mette in scena un dramma umano dalle mille sfumature. Gli unici nei che minano la fluidità del film sono una certa lentezza di ritmo e una ripetitività di azioni a tratti eccessiva, pecche queste comunque facilmente superabili. Il giovane Andrea Pittorino, per nulla spaventato dall’idea di affiancare la credibile Margherita Buy e l’eccellente Valeria Golino, dimostra di avere talento da vendere, come d’altronde anche la bellissima Caterina Shulha nei panni di Larissa.

Ogni personaggio, indipendentemente dal numero di battute assegnatogli, svolge un ruolo determinante nella narrazione del film, tutti insieme formano infatti un puzzle che altrimenti rimarrebbe incompleto. Mentre la figura di Carla, interpretata dalla Golino, oltre a portare una boccata d’ossigeno e di allegria alla cupezza del racconto pone in evidenza quanto l’amicizia sia un bene prezioso, la presenza di Larissa, una giovanissima prostituta di cui Valerio si invaghirà, è utile invece a ricordare che la vita riserva al genere femminile diversi tipi di brutture.

Ma è la solitudine il fil rouge di tutto il film, le ferite nell’anima di Valerio e Anna fino ad arrivare a quelle di Mathieu – un uomo all’apparenza burbero con un passato che lo soffoca, a cui da volto e corpo l’affascinante Bruno Todeschini – potranno pian piano essere guarite soltanto dalla solidarietà e dall’amore. Sì, perché De Matteo realizza un’opera incentrata sulla speranza di un futuro migliore, sottolineando a più riprese che le porte del passato rimaste aperte possono essere definitivamente chiuse per lasciar spazio a una vita ancora possibile.

La Vita Possibile è un film ben riuscito che offre agli spettatori una nuova chiave di lettura sul dramma degli abusi domestici: un momento di riflessione e di speranza che di questi tempi non fa davvero male.