La torbida virata di François Ozon
Il nome di Ozon è da sempre associato ad opere sofisticate, siano esse commedie più leggere come Potiche, drammi dal sapore fiabesco come Les amants criminels o indagini socio-psicologiche come Giovane e Bella.
Con Doppio amore, il regista francese si è lanciato a capofitto nel più tipico esempio di thriller erotico con risvolti onirici e la psicanalisi a fare da sfondo, insieme ad una tematica misteriosa, affascinante e spaventosa al tempo stesso: i gemelli.
La protagonista Chloe, splendidamente interpretata da Marine Vacht, è infatti una giovane donna che a causa di insicurezze e fragilità, inizia un percorso di analisi con un terapista del quale ben presto s'innamora. Interrotte le sedute, i due vanno a vivere insieme e si fidanzano ma Chloe scopre che Paul – il Jérémie Renier già diretto da Ozon in Potiche – ha un fratello gemello che fa la sua stessa professione e che, al contrario di lui, è ben più rude e aggressivo. Parallelamente a questa scoperta, la protagonista continua a soffrire di misteriosi mal di pancia che non si riescono a diagnosticare e che influiscono sulla vita di coppia.
Ispirato dal racconto Lives of the twins della scrittrice Joyce Carol Oates, Ozon ha riscritto la storia aggiungendo dettagli marcatamente angoscianti e lanciandosi in un vero e proprio esercizio di stile fatto di intensi primi piani, inquadrature fortemente simmetriche che rimandano all'impianto di Kubrickiana memoria – c'è addirittura una breve sequenza onirica con una coppia di gemelli che omaggia sfacciatamente Shining – e immagini digitali di grande impatto visivo, merito anche del direttore della fotografia Manu Dacosse e della scenografia di Sylvie Olivé.
Se da un lato la sceneggiatura si presenta a dir poco cervellotica, con sogni e realtà che si mescolano l'uno con l'altra ad accentuare i conflitti interiori della protagonista, dall'altro il regista è riuscito a far sì che seguissimo con un certo interesse voyeuristico l'intera vicenda, ansiosi di scoprirne il finale, anch'esso aperto, come tutto il film, all'interpretazione dello spettatore che sembra quasi diventare esso stesso psicanalista della giovane.
A tratti surreale, a tratti drammatico, a tratti, ancora, angosciante e pervaso di atmosfere hitchcockiane, l'ultimo lavoro di Ozon sembra discostarsi nettamente dalla sua precedente filmografia. Nel bene e nel male.
Torbido e visionario: Doppio amore parla di gemelli e tratta la questione sotto diversi aspetti, in un crescendo di ansia e incredulità, fino al finale rivelatore.
Il regista francese si è divertito ad esplorare i confini del thriller psicologico, infiammandolo di erotismo – alcune scene e riprese in soggettiva sono francamente gratuite – e aggiungendo una punta di splatter finale.
Un film decisamente disturbante ma, ammettiamolo, al tempo stesso anche conturbante.