‘La Tenerezza’ e la complessità dei sentimenti secondo Gianni Amelio
Ventisette anni dopo il suo debutto sul grande schermo in Porte Aperte, Renato Carpentieri torna a lavorare con Gianni Amelio divenendo il mattatore assoluto de La Tenerezza, opera liberamente tratta dal romanzo La tentazione di essere felice, di Lorenzo Marone. Il regista di Lamerica, Il ladro di Bambini e Le chiavi di casa - questi solo alcuni dei suoi tanti lavori - realizza un film asciutto, a tratti quasi aspro, sul complesso equilibrio dei sentimenti che dimorano in ogni essere umano. Amelio, dipingendo infatti i suoi protagonisti come funamboli in bilico su fragili stabilità familiari costruite a fatica, mette in scena i grovigli emozionali che mattone dopo mattone possono contribuire ad erigere muri apparentemente insormontabili.
Lorenzo è un anziano e scontroso avvocato in pensione che vive da solo in un antico, elegante palazzo nel centro di Napoli. Vedovo e con due figli che non ama – Elena, madre single che soffre in silenzio l’allontanamento affettivo dal padre, e Saverio, che del rapporto paterno non sente invece alcun bisogno -, Lorenzo stringerà amicizia con Michela e Fabio, una giovane coppia trasferitasi di recente nell’appartamento di fronte al suo, e con i loro bambini. Ma un evento traumatico sconvolgerà a tutti l’esistenza…
Con l’occhio della macchina da presa l’abile cineasta calabrese pedina i suoi personaggi indagandone ansie, ragioni, torti e debolezze che li spingono a muoversi in un mare di parole non dette e tenerezze mancate. L’ermetismo, però, con cui Amelio si approccia al complicato tema degli affetti, se da un lato rende il suo lavoro estremamente interessante, dall’altro lo penalizza per una non sempre chiara e diretta linea narrativa che, per una fetta di pubblico, potrebbe risultare di difficile lettura. Già, perché questa struttura ramificata di collegamenti emotivi, dove l’ambivalenza di Lorenzo catalizzerà l’interesse in sala da inizio a fine proiezione, corre il rischio di confondere più di uno spettatore: scavare nella profondità filmica costituirà un pesante fardello o un magnifico spunto di riflessione?
Che l’amore vada quotidianamente alimentato è cosa risaputa, ma Amelio, ben guardandosi dal cadere in facili trappole di banalità, racconta altro: l’inutilità di cedere a quell’intimo disagio che l’esposizione dei propri sentimenti spesso comporta. Ecco, quindi, da cosa è probabilmente scaturita la scelta del titolo... da quella ‘tenerezza’ data da un gesto, un sorriso, uno sguardo, un ascolto, una garbata attenzione, un atteggiamento comprensivo, un ‘basta che bussi alla mia porta’ sussurrato durante un abbraccio. Certo, non esiste un manuale che insegni a voler bene, né tantomeno a dimostrarlo, quel bene, e può anche accadere che non lo si impari mai, o che in età avanzata capiti qualcosa che faccia prendere coscienza di errori commessi in passato e spinga a sfiorare con tenerezza quella mano da anni rifiutata. Renato Carpentieri, nei panni di Lorenzo, è un colosso di bravura capace non soltanto di far dimenticare i piccoli difetti presenti nell’opera, ma anche di trainare a meraviglia l’interpretazione sia di Elio Germano, che di Micaela Ramazzotti e Giovanna Mezzogiorno.
La Tenerezza non sarà forse un capolavoro, ma rispetto a ciò che ultimamente viene offerto dal cinema italiano, è quantomeno... una bella boccata d'ossigeno.