La leggenda di Bob Wind

Chi era Roberto Cimetta?
Attore, regista teatrale e direttore artistico marchigiano trasferitosi giovanissimo a Roma collaborando con varie compagnie d’avanguardia e sperimentazione, si cimentò in una serie di produzioni da palcoscenico in cui coinvolse tutta la comunità; per poi iniziare con lo stesso spirito la sua attività insieme a bambini disabili, fino alla nascita del Festival internazionale di Lisbona, da una sua idea, nel 1987, ovvero un anno prima della morte, avvenuta a soli trentanove anni.

Se a Parigi gli hanno dedicato il tuttora operante Fondo internazionale Roberto Cimetta per la mobilità degli artisti del Mediterraneo, il romano classe 1976 Dario Migianu Baldi – autore, tra l’altro, del drammatico Narciso, dietro i cannoni, davanti ai muli e della commedia Faccio un salto all’Avana – gli rende omaggio attraverso la vicenda della giornalista italo-francese di successo Anna, la quale, interpretata dalla Lavinia Longhi di Italiano medio, molla tutto per mettersi proprio sulle tracce della storia del folle creativo, cui concede anima e corpo Corrado Fortuna.

Storia che, oltretutto, potrebbe far luce anche sul suo passato e a proposito della quale il regista osserva: “Troppo spesso l’artista viene solo accostato al cliché del genio e sregolatezza, ed Anna, sulle tracce di Cimetta, si interroga per ragioni forse personali sul fatto che si possa essere artisti e uomini di famiglia, capaci di lasciare molto più di un’immagine troppe volte stereotipata. Sono gli occhi di Anna che lo chiedono e ci aiutano a scoprirlo e, volutamente, ho separato nettamente le due storie per farle poi convergere in un unico spazio di tempo. La leggenda di Bob Wind non giudica, si propone solo di raccontare una storia umana, lasciando allo spettatore ogni possibile valutazione esteriore ed interiore”.

Infatti, man mano che il cast si arricchisce ulteriormente di volti più o meno noti del panorama cinematografico indipendente tricolore, da Ivan Franek a Paolo Briguglia, passando per l’Andrea Bruschi de I tre volti del terrore, è raccontando parallelamente presente e passato che viene messa in piedi la oltre ora e quaranta di visione. Una scelta narrativa che, però, non manca di rischiare in più di un’occasione di rendere confusi i passaggi da una situazione all’altra, impedendo, a tratti, di apprendere quali vogliano essere le precise intenzioni dell’operazione.

E, sorvolando su non sempre convincenti prove da parte degli attori, se da un lato è evidente che il suo scopo sia quello di fornire il delineamento della figura oggi quasi impensabile di un individuo in grado di creare qualcosa di piccolo o la più folle delle imprese grazie alla voglia di provarci, dall’altro si rivela piuttosto fiacca e tirata per le lunghe. Sebbene il comparto tecnico non risulti affatto disprezzabile.