La isla mínima

È il 20 Settembre del 1980 che, in un piccolo villaggio nel profondo sud della Spagna e dove il tempo sembra essersi fermato, si comincia immediatamente con il parlare di due giovani sorelle misteriosamente scomparse.

Perché, vincitore di dieci premi Goya (tra cui quelli per il miglior film, la migliore regia e la migliore sceneggiatura), il lungometraggio di Alberto Rodríguez s’immerge in un labirinto di paludi e risaie dove, a quanto pare, si è installato un serial killer responsabile della scomparsa di molte adolescenti, ma delle quali nessuno si interessa.

Ma anche dove, convocati dalla madre delle due ragazze di cui sopra, cercano di risolvere il mistero i due detective di Madrid Juan e Pedro, rispettivamente incarnati dal Javier Gutiérrez di Crimen perfecto (2004) e dal Raúl Arévalo di Ballata dell’odio e dell’amore (2010) e con alle spalle una vasta esperienza nei casi di omicidio.

Due detective per i quali scovare il responsabile si rivela non poco difficoltoso, da un lato distratti da uno sciopero dei lavoratori locali destinato a mettere a rischio il raccolto del riso, dall’altro volti a scoprire che il traffico di droga rappresenta un’altra fonte di ricchezza per il posto; mentre si ritrovano intrappolati da una rete di intrighi alimentata dall’apatia e dalla natura introversa dei residenti locali.

Nel corso di oltre un’ora e mezza di visione la cui ambientazione tutt’altro che urbana potrebbe vagamente richiamare alla memoria esempi di thriller rurali nostrani quali Non si sevizia un paperino (1972) di Lucio Fulci e Io non ho paura (2003) di Gabriele Salvatores, anche se, in un certo senso, in questo caso ci si avvicina maggiormente a Le paludi della morte (2011) di Ami Canaan Mann.

Man mano che, in mezzo a corvi gracchianti ed emersione di indizi che vanno dal ritrovamento di immagini erotiche all’entrata in scena di un ignoto individuo con cappello, l’acqua – tra pioggia e immensi fiumi – non fatica a risultare un elemento fondamentale ai fini dell’enfatizzazione della particolare atmosfera imperante, in un’operazione tecnicamente lodevole e coinvolgente al punto giusto attraverso lenti ritmi narrativi.

Del resto, il regista precisa che le paludi sono un magico e misterioso luogo in cui la ricchezza e il potere hanno vissuto spalla a spalla con il dolore e la tristezza di personaggi che sono il risultato di un passato politico e sociale; in quanto il 1980 è stato in Spagna un anno di grandi tensioni politiche che dovevano essere percepite in sottofondo.