La Gomera – Ancora il cinema rumeno originale e che convince, in concorso a Cannes 2019
Cristi, ispettore di polizia che lavora alla narcotici di Bucarest viene corrotto da alcuni trafficanti di droga a mezzo di una bellissima e ipnotica donna di nome Gilda, e poi tradotto sull’isola caraibica de La Gomera per imparare il silbo, un ingegnoso e antico linguaggio “dei fischi” ideato dai pastori per comunicare tra valli lontane e che permette di parlare in codice tra “complici”. Sospettato dai suoi superiori e messo sotto sorveglianza, Cristi si ritroverà poi a utilizzare quel linguaggio “cifrato” per far uscire di prigione Zsolt, unico a conoscere dove sono nascosti i trenta milioni di euro che potrebbero svoltare la vita a molti. Dunque, un obiettivo preciso di guadagno e svolta che però verrà messo in discussione e a repentaglio dal sentimento amoroso, elemento di norma senza controllo, sempre improvviso, imprevedibile e capace di ribaltare anche il più lineare schema di vita.
Il rumeno Corneliu Porumboiu, esponente di quella Nouvelle vague rumena da diversi anni regina del miglior cinema d’autore internazionale, debutta (a cinque anni di distanza da The Treasure, presentato nella sezione Un certain regard) in concorso a Cannes con La Gomera, un gangster movie atipico e originale contaminato e intriso di un lirismo non solo musicale, ma anche emotivo.
Suddiviso in capitoli che raccontano rispettivamente i vari personaggi dell’intricata storia di raggiri, intercettamenti, e pedinamenti, La Gomera è infatti opera veloce e intimista giocata tutta con ironia e senso del ritmo attorno a dinamiche polizia/malavita che assumono però un peso drammaturgico e un’originale levatura esistenzialista grazie all’accattivante parabola del protagonista Cristi (il bravissimo Vlad Ivanov). Poliziotto schivo e taciturno invischiato in un doppio gioco dalle notevoli implicazioni umane e professionali, Cristi si avvierà infatti verso una catarsi personale attraverso le suggestioni emotive maturate lungo la via, e che nel finale tutto in crescendo sulle note de la marcia di Radetsky e immersi nello spettacolo ipnotico e magico della Garden Rhapsody Gardens By the Bay, toccherà poi il punto più alto di quello scavo umano che il regista compie nelle quasi due ore di film.
In una commistione di registri e stili, e con il supporto di una linea ironica e citazioni a pioggia (da John Ford a Hitchcock) che stempera sempre la natura a tratti melodrammatica della storia, Corneliu Porumboiu realizza però non solo un film ad alto tasso d’intrattenimento ma anche, di fondo, un’opera dal valore prettamente educativo. Proprio come il portiere d’albergo che sostiene di “educare” i clienti con la musica classica in filodiffusione, allo stesso modo il regista rumeno affina e raffina i gusti dei suoi spettatori presentando un film che ha varie letture e stratificazioni, che utilizza il codice linguistico per aprire una riflessione ampia sul ruolo della comunicazione, dei rapporti, delle contingenze sociali e politiche.
Rievocando, infine, un Paese (il suo, la Romania) lanciato a vele spiegate nel suo momento di ricostruzione, rinascita, e ri-educazione, Corneliu Porumboiu costruisce un’opera lirica e di valore, che cammina lungo la linea degli affari e della convenienza, di soldi audacemente custoditi in un materasso, e che poi sul gran finale vola al richiamo, o meglio al fischio, dell’amore. Cinema d’autore contemporaneo di primissimo livello.
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