La fille inconnue

La carriera dei fratelli Dardenne è senz’altro una di quelle brillanti, e la loro voce solida ha fatto scuola nel cinema contemporaneo (e non). 
Specie quando si sono confrontati con i problemi del sociale legati al lavoro e alle regole di una società iniqua, i due registi belgi hanno sfornato dei veri e propri capolavori (Rosetta; Il figlio; Due giorni, una notte). Di tanto in tanto, però, nella loro brillante penna di scrittori si è intravisto il segno un calo, di una flessione negativa. 

La fille inconnue (The Uknown Girl) presentato in concorso a Cannes 2016 sembra soffrire proprio questo problema. La storia è quella di una giovane dottoressa (Dr Jenny Davin interpretata dalla brava Adèle Haenel) già molto stimata che dovrebbe passare dalla attività di medico di base in un quartiere periferico e pieno di situazioni problematiche, a quella ospedaliera presso un prestigioso ospedale locale. Con l’obiettivo ultimo di crescere e fare carriera.

Giovane, coraggiosa, determinata, volenterosa, e in grado di ascoltare (oltre che curare) i problemi della gente, Jenny rappresenta infatti un medico “mirabilis”, capace di svolgere il proprio lavoro con encomiabile dedizione. A pochi giorni dal ‘salto di qualità’, però, la morte di una donna avvenuta nei pressi dello studio presso il quale lavora, e della quale lei si sentirà per qualche motivo ‘responsabile’, scatenerà nella giovane dottoressa la voglia di scoprire l’identità della defunta, forse per comprendere meglio la realtà di quel quartiere dove lei come medico offre quotidianamente il proprio supporto.

Un materiale senza alcun dubbio interessante che affronta con un colpo solo diverse tematiche. L’etica e la dedizione lavorative che associate alla figura del medico dovrebbero essere sempre molto spiccate, le difficoltà insite nei quartieri disagiati dove la presenza di droga, prostituzione, delinquenza, e generale indigenza rende l’assistenza sanitaria assai complessa e la traduce anche in una sorta di assistenza sociale (Jenny che aiuta un suo paziente a gestire un problema legato alle utenze, Jenny che supera il suo ruolo e diventa punto di riferimento per il circondario intero). E, infatti, sarà proprio il giro di persone e situazioni che la dottoressa farà per scoprire qualcosa sulla donna scomparsa in quell’angolo dimenticato di società, a innescare poi un corto circuito che farà emergere a bomba tutte le ‘insidie’ di quel ristretto cerchio comunitario.

Se nella prima (più riuscita) parte, l’opera dei Dardenne delinea con una certa profondità il profilo della protagonista, mostrandone carattere, virtù e abilità, e creando una forte zona d’interesse legata a questo personaggio così carismatico e incisivo, nella seconda parte La fille inconnue scivola in derive inutili, in un processo di accumulo che invece di chiudere il senso della storia, lo smarrisce tra i tanti (troppi) personaggi tirati in ballo senza una vera motivazione. Il ‘porta a porta’ fatto dalla protagonista in virtù della propria sete di verità e sapere, sconfina infatti in un territorio incerto ed eccessivo, che spezza l’armonia del realismo creato fino a quel punto. Una frenetica ridondanza e degli isterismi narrativi che precludono al film una degna conclusione a una storia che narra soprattutto della dedizione esasperata del singolo nel complesso ambiente sociale dei ‘dimenticati’. Peccato!