La diseducazione di Cameron Post
La Festa del cinema di Roma ci propone due film di medesimo argomento, questo e Boy Erased. Questo, dei due, è sicuramente il peggiore.
A dirla tutta è il peggiore di tanti.
L’opera di Desiree Akhavan è, infatti, decisamente debole. Una storia sviluppata in maniera poco interessante, dall’esito scontato e con un ritmo inesistente, rende il tutto al limite del vedibile.
USA 1993. Cameron Post è una teenager orfana, affidata alla zia, che scopre di essere attratta da una compagna di liceo. Per paesino e famiglia, la situazione è inaccettabile e l’unica strada percorribile è la “cura”. Cura che, oltre ad essere ovviamente impossibile non trattandosi di patologia, non viene eseguita da psicologi o quant’altro, ma da una comunità cattolica fortemente convinta che Dio abbia la possibilità di cambiarti.
Abbandonata in questa sorta di setta, per Cameron l’unica possibilità è la fuga.
L’unico merito del film è quello di mostrarci una realtà che per un europeo è a limite della leggenda medioevale: l’esistenza di centri di conversione cattolici… e delle persone che ci credono! Al di la’ di questo però, le modalità con cui ci vengono raccontati i fatti sono deboli.
La stessa Moretz sembra affetta dall’afasia del film, incapace di dare una spinta in più a uno script che si ferma all’effetto denuncia senza poi raccontarci con vigore qualcosa di interessante, forse perché non c’è.
Effettivamente è la storia a latitare. Stabilite le premesse, necessarie, e portata la protagonista sul proscenio, non vi è poi materia per il dramma. Incredibilmente, però, il film ha vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance…, e comunque è probabilmente l’unico motivo per cui è stato selezionato.
E’ quindi chiaro che se lo spettatore volesse comunque entrare nell’argomento Boy Erased sarebbe una scelta decisamente migliore, pur essendo un film perfettibile, ma scelta ancora più preferibile sarebbe passare ad altro.
Leggi anche: Boy Erased: la "riprogrammazione" degli omosessuali nella società americana