La Dark Night di Aurora
Ispirato ai drammatici fatti del Luglio 2012 nella cittadina di Aurora, in Colorado, dove un giovane si mise a sparare in un cinema durante la prima di Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises), arriva al cinema lo straniante lavoro di Tim Sutton, premiato all'edizione del 2016 della Mostra del Cinema di Venezia con il Premio Lanterna Magica.
Girato in soli sedici giorni, Dark Night, diretto ed anche scritto dallo stesso Sutton si imposta fin da subito su un asse narrativo ben preciso fatto di fermi immagine, lunghi piani sequenza e dialoghi ridotti all'osso. La volontà del regista è quella di rappresentare le vite di una serie di giovani, chi alle prese con lo skateboard, chi con il fitness, chi con il disegno, chi con i videogame. Quelle che ci vengono mostrate sono esistenze piatte, vuote, prive di qualsivoglia slancio culturale, morale, intellettuale o affettivo che sia. Vite quasi monotone che, pur distanti, si intrecceranno in una tragica notte d'estate.
Su tutto il film aleggia un senso di oscuro presagio, complice il brano che accompagna le immagini, sorta di lamento funebre che avvolge i personaggi ed il loro muoversi all'interno della cittadina di provincia. Ognuno di loro viene catturato mentre compie azioni quotidiane: a rotazione ci viene mostrata una ragazza che mette lo smalto, due sudamericane che fanno il bagno in piscina, un ragazzo intervistato da un uomo di cui non vediamo mai volto, un altro che si tinge i capelli di arancio. Tante piccole tessere di un puzzle che prende forma solo negli ultimi minuti del film.
A distanza di pochi giorni dall'ennesima tragedia avvenuta negli Stati Uniti, una sparatoria in una scuola della Florida, dove sono state uccise diciassette persone, Dark Night torna a parlare di armi e lo fa mettendone in evidenza la disgraziata normalità con cui esse fanno parte della vita di giovani e meno giovani: dal poliziotto che pulisce con cura i suoi fucili, ai ragazzi che giocano a videogame in cui si devono uccidere più persone possibile, ad una password riferita anch'essa ad un'arma. La banalità delle armi, quasi a riecheggiare La Banalità del Male di Hannah Arendt.
La staticità del film influisce sul ritmo narrativo pur mantenendo un'elevata curiosità nei confronti di una comunità di giovani che corre ignara verso la morte.
Funesto gioco di parole tra Dark Knight, il Cavaliere Oscuro, e Dark Night, l'altrettanto oscura notte raccontata da Sutton, durante la quale, sei anni fa, numerosi fan del supereroe mascherato furono attratti in una sala per vedere il loro beniamino in anteprima. Un film che richiede una certa pazienza ed un certo impegno. Un piccolo racconto in cui la fatalità del destino risiede nel quotidiano e dove di questo quotidiano si son voluti sottolineare i piccoli aspetti, mediante l'uso di primi piani e dettagli. Dark Night raccoglie i frammenti di tante vite spezzate e lo fa con un lodevole intento ma siamo ben lontani da predecessori ben più incisivi come Elephant o Bowling at Columbine.