La corrispondenza
Se nell’ottimo La migliore offerta (2013) era il personaggio femminile incarnato da Sylvia Hoeks a risultare poco visibile a causa della sua presunta agorafobia, in questa nuova love story a firma del siciliano classe 1956 Giuseppe Tornatore è quello maschile ad essere meno concretamente presente.
Perché, con il volto del mai disprezzabile Jeremy”Inseparabili”Irons, si tratta del professore di astrofisica Ed Phoerum di cui è profondamente innamorata la studentessa universitaria Amy, alla quale concede anima e corpo la Olga Kurylenko del bondiano Quantum of solace (2008) e che impiega il proprio tempo libero facendo la controfigura per la televisione ed il cinema.
Infatti, mentre quest’ultima non manca di sfoggiare occasionalmente le doti fisiche già emerse nei diversi action movie interpretati in precedenza, è quasi del tutto attraverso sms e conversazioni su internet che intrattiene il suo rapporto con l’insegnante che, improvvisamente, svanisce nel nulla.
E, man mano che l’uomo continua ad inviare messaggi in ogni istante della giornata, è tirando in ballo anche un parallelismo con la vita delle stelle – visibili a noi dopo miliardi di anni che non esistono più – che l’autore di Nuovo cinema Paradiso (1988) immerge la protagonista in un’indagine volta a fare da filo conduttore a quello che, in fin dei conti, altro non vuole essere che un racconto da schermo relativo alla forza dell’amore che non conosce ostacoli di nessuna natura.
Racconto da schermo che, se in un primo momento può lasciar avvertire una certa influenza da parte di P.S. I love you (2007) di Richard LaGravenese, dall’altro si presenta quasi in qualità di moderna rilettura di Codice privato (1988) di Francesco Maselli; mentre appare evidente che l’esile script – a firma dello stesso regista – tenda a poggiare in maniera principale sugli attori.
Attori comprendenti, inoltre, il Paolo Calabresi di Smetto quando voglio (2014) nei panni di un inquietante barcaiolo coinvolto nella fase del lungometraggio ambientata su un’isola caratterizzata da una avvolgente, affascinante atmosfera non distante da quelle alla base di determinati film horror inglesi degli anni Sessanta e dei testi di Howard Phillips Lovecraft.
Del resto, insieme all’ossessivo tema al piano fornito dalla bella colonna sonora di Ennio Morricone, è l’ottima fotografia di Fabio Zamarion ad impreziosire qui l’eleganza registica tipicamente tornatoriana, capace di conferire un taglio internazionale a quello che poteva rivelarsi facilmente accostabile a un qualsiasi thriller televisivo di produzione tedesca.
Pur dovendo fare i conti con l’eccesso di lentezza narrativa che rischia non poco di far risultare tirato per le lunghe il tutto... fino al neanche troppo inaspettato colpo di scena conclusivo.