Kong - Skull island
Da qualche parte a sud del Pacifico, è nel 1944 che aprono le quasi due ore di visione destinate a spostarsi nella Washington del 1973 subito dopo i titoli di testa; portando in scena il mitico John Goodman nei panni di Bill Randa, agente del Monarch che partecipa ad un’avventura nelle profondità dell’isola del prologo insieme ad un eterogeneo gruppo di scienziati, soldati ed esploratori. Gruppo di cui fanno parte, tra gli altri, il colonnello Preston Packard interpretato da Samuel L. Jackson, la fotoreporter Mason Weaver, con le fattezze di Brie”Room”Larson, e l’ex ufficiale SAS black ops James Conrad, incarnato da Tom Hiddleston.
Ex ufficiale che si impegna addirittura a fronteggiare uno stormo di creature volanti maneggiando una katana, ma la cui presenza, in realtà, finisce per apparire piuttosto irrilevante nel corso di un’operazione che, al di là dell’enorme gorilla del titolo, magnificamente ricreato dalla Industrial Light & Magic, tira in ballo anche l’ottimo John C.Reilly nei panni del naufrago Hank Marlow. Gorilla che, alle prese con elicotteri, viene mostrato in tutta la sua maestosità già durante la primissima fase dell’elaborato, spingendo immediatamente a pensare, di conseguenza, che lo spettacolo in questione non abbia più grosse sorprese da regalare.
Ma non vi è nulla di più sbagliato, in quanto Kong – Skull island non intende essere un rifacimento del King Kong che, nel lontano 1933, rielaborò tramite la allora innovativa chiave del monster movie il mito della bella e la bestia, né, tanto meno, un lungometraggio legato in qualche modo al suo riuscito remake curato da Peter Jackson settantadue anni dopo. Perché, ricorrendo ad una storia del tutto nuova, Jordan Vogt-Roberts – dal curriculum prevalentemente televisivo – si mostra perfettamente consapevole del fatto che sia ormai inutile creare una lunga attesa nei confronti dell’arrivo dell’ominide più famoso della Settima arte; quindi, rivelandolo al pubblico senza perdere troppo tempo, si concentra fin da subito sul frenetico intrattenimento a suon di elaborati effetti visivi, tra l’arrivo di un ragno gigante e uno scontro con una piovra.
Tanto che, in un primo momento, l’atmosfera generale da giocattolone hollywoodiano spingerebbe quasi ad affermare che il risultato stia al citato lavoro jacksoniano come il King Kong prodotto da Dino De Laurentiis nel 1976 sta al capolavoro originale; ma, a ben guardare, è in altri territori cinematografici che risiede lo spirito di fondo della vicenda raccontata, non priva di un evidente sottotesto anti-bellico e di un forte (retro)gusto horror, testimoniato soprattutto dalle varie uccisioni di esseri umani.
Infatti, se il plot di base non si distacca troppo, in fin dei conti, da quello de L’isola misteriosa di Cy Endfield, tratto dall’omonimo romanzo di Jules Verne, è quasi impossibile non ripensare a kaiju eiga del calibro di Watang! Nel favoloso impero dei mostri di Ishiro Honda e Il ritorno di Godzilla di Jun Fukuda dinanzi alla tanta fauna di notevoli dimensioni – comprendente anche il vorace Strisciateschi, sorta di rettile caratterizzato dal muso simile ad un teschio – sfruttata in qualità di attrazione da grande schermo per riempire, appunto, uno script che è poco più che un pretesto.
E, man mano che la ricca colonna sonora di vecchie hit spazia da Time has come today dei Chambers brothers a Paranoid dei Black sabbath, fino ad arrivare a Bad moon rising e Run through the jungle dei Creedence Clearwater Revival, il divertimento è più che assicurato e la noia, fortunatamente, del tutto assente... fino ad un’ultima sorpresa posta al termine dei titoli di coda.