Jason Bourne

Sento che la storia che ci eravamo prefissi di raccontare è stata già raccontata. Se ci sarà una grande idea, però, potrei anche ripensarci, a patto che il regista sia sempre Paul Greengrass”: nel 2007, poco prima dell’uscita di The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo, con queste parole Matt Damon dichiarò di non voler più rivestire i panni di Jason Bourne, lo smemorato ex agente segreto in perenne fuga dalla CIA. A distanza di quasi dieci anni il desiderio dell’attore americano pare essersi avverato, e per la gioia degli amanti dell’action arriva sul grande schermo il quinto capitolo della saga bourniana: Jason Bourne, dove energia e adrenalina sicuramente non deluderanno le aspettative dei tanti fan, e non solo.

Sebbene Bourne abbia riacquistato la memoria le domande che richiedono una risposta sono ancora molte. Braccato dalla CIA lascerà Atene per dirigersi verso Londra e Berlino, arrivando infine a Las Vegas. Durante i lunghi inseguimenti riuscirà Jason a ricomporre il puzzle mnemonico non ancora completo?

Paul Greengrass, come il personaggio di Robert Ludlum, mira il bersaglio e lo colpisce in pieno centro, il suo lavoro è un concentrato di vitalità allo stato puro: 123 minuti di fuochi pirotecnici degni del miglior capodanno. Gli inseguimenti mozzafiato, a piedi, in macchina o in moto, rappresentano momenti di vera arte cinematografica. Il regista britannico, coadiuvato nella sceneggiatura dal formidabile montatore Christopher Rouse, dirige e assembla infatti le scene di azione senza ricorrere all’abusata costruzione da videogame. Non lasciandosi attirare da facili soluzioni o abbellimenti esterni, e utilizzando esclusivamente il linguaggio del cinema, Greengrass riesce a immergere lo spettatore all’interno della storia facendolo sentire protagonista: attimi di gloria che illuminano i volti del pubblico nel buio della sala.

Ma l’elemento più interessante di Jason Bourne è dato dall’originale parallelismo tra realtà e finzione. Il mondo in cui si muove l’ex agente segreto è quello geopolitico dei giorni nostri, la crisi greca, ad esempio, fa da sfondo a un rocambolesco pedinamento che si svolge tra la folla di manifestanti inferociti a Piazza Syntagma. E che dire poi dell’atmosfera post Snowden che si respira per l’intera durata? Già, perché pur restando un lavoro fedele a se stesso, senza dunque volere apparire né più né meno che un action movie, si snoda nel film una vicenda di sorprendente attualità, quella della privacy individuale. Lo Stato, adducendo problemi di sicurezza, può spiare i singoli cittadini attraverso i social network?

Questa interessante sottotrama non è legata però a meri scopi opportunistici come sarebbe facile ipotizzare, e la bravura di Paul Greengrass nell’amalgamare in un insieme armonico fatti veri a circostanze improbabili rende la visione di Jason Bourne decisamente molto intrigante. Tutto ciò avviene inoltre senza nulla togliere allo scopo principale del film: intrattenere oltre ogni ragionevole dubbio!

Matt Damon, muscolarmente scolpito come non mai, recita con sguardo e gesti. Si dice che le sue battute non superino il numero di 25, ma, visto l’eccellente risultato finale, la cosa non ha alcuna rilevanza. Al suo fianco troviamo Alicia Vikander e Tommy Lee Jones, tre generazioni di attori che interagiscono tra loro in modo pressoché perfetto. Il ruolo del nemico giurato spetta questa volta al convincente Vincent Cassel, il villain per antonomasia.

Jason Bourne, nonostante faccia parte di una lunga serie iniziata nel 2002, non delude e neppure annoia, anzi. E poi, diciamoci la verità… chi, anche soltanto per due ore, non vorrebbe essere l’invincibile Jason?