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Per la diciannovenne Jay – incarnata dalla Maika Monroe di A qualsiasi prezzo (2012) – doveva trattarsi di un innocente incontro sessuale sul sedile posteriore di un’automobile, ma, a quanto pare, il suo Autunno fatto di studio, week-end al lago con gli amici e, ovviamente, flirt con coetanei comincia ad essere disturbato immediatamente dopo dalla convinzione che qualcuno (o qualcosa?) la segua di continuo.
Qualcuno che sembra rivelarsi sempre più minaccioso, ma che, nonostante l’ambientazione non distante da quella tutta viali verdi e alberati che fu al centro dell’intramontabile Halloween – La notte delle streghe (1978) di John Carpenter, non è l’ennesimo serial killer mascherato alla Michael Myers.
In precedenza autore soltanto della commedia The myth of the american sleepover (2010), infatti, David Robert Mitchell mette in piedi sì un teen horror che guarda in parte agli anni Ottanta, ma senza prendere la facile strada dello slasher che vuole il violento massacro all’arma bianca di più o meno sprovveduti adolescenti.
E, prendendo spunto dalla personale esperienza relativa ad incubi in cui fuggiva da un misterioso individuo che appariva in ogni angolo, si concentra sulla protagonista e su altri suoi compagni di giornate per immergerli in una riuscita, grigia atmosfera resa tutt’altro che tranquilla da inquietanti visioni e improvvise entrate in scena di figure spettrali.
Atmosfera non priva di funzionali immagini quali un parco con altalene solitarie e cespugli raramente assenti nelle inquadrature; man mano che si scopre che l’unico modo per liberarsi dalla maledizione è copulare con un’altra persona proprio come si trasmette l’aids e che i probabili modelli di riferimento spaziano da Roman Polanski a David Lynch, passando per il cosiddetto orrore suggerito di Jacques Tourneur e Val Lewton (rispettivamente regista e produttore di Ho camminato con uno zombi e Il bacio della pantera).
Senza dimenticare neppure un certo retrogusto di fantascienza proto-L’invasione degli ultracorpi (1956), anche se, a cominciare dalla sequenza in cui Jay, a scuola, nota fuori dalla finestra un’anziana signora che poi ritrova nei corridoi, è soprattutto Nightmare – Dal profondo della notte (1984) di Wes Craven a tornare alla memoria.
Del resto, come si diceva qualche riga più su, è da esperienze oniriche che tutto ha avuto origine... quindi, non è il caso di meravigliarsi se provvedono anche determinati passaggi della colonna sonora e la situazione pre-epilogo ambientata in piscina a ricordare il capostipite kruegeriano nel corso della circa ora e quaranta di visione che, forse allegorico specchio di una gioventù americana sempre più abbandonata dagli adulti e sempre meno “provvista” di un futuro nell’epoca della crisi, compensa tramite la buona regia il nulla di particolarmente eccezionale proposto.