Io e Lulù, la tenera opera prima di Channing Tatum
Un esordio alla regia dolcissimo quello di Channing Tatum che con Io e Lulù - Dog in lingua originale - rende omaggio alla sua cagnolina, alla quale era affezionatissimo.
Un lavoro tribolato, che ha visto la luce con un ritardo di svariati mesi a causa della pandemia ma che, grazie al maggiore tempo a disposizione, ha dato la possibilità all'attore e regista e ai dog trainer presenti sul set di addestrare in maniera più accurata i cani e di instaurare con loro un rapporto tale da finalizzarsi con l'adozione da parte dei trainer. Una conclusione davvero encomiabile.
I cani in questione sono dei Pastori Belga Malinois, una razza simile al Pastore Tedesco per stazza e colori, anch'essa adatta al lavoro in polizia e nell'esercito. Di questo impiego, le tante foto in apertura del film fungono da valida testimonianza, non soltanto dell'addestramento ricevuto, dell'impegno e della bravura ma anche della dedizione e dell'affetto dei cani nei confronti dei loro padroni, soldati in questo caso, con cui svolgono missioni pericolose e con cui trascorrono tempo prezioso.
Nel film, Briggs (Channing Tatum) è un veterano della guerra in Afghanistan che fatica a rientrare in missione poiché ha subito un danno cerebrale che tuttavia è sotto controllo grazie a dei medicinali. Dopo un'ultima supplica al suo vecchio capitano, ottiene un valido quid pro quo: se porterà la pluripremiata Lulù al funerale del suo padrone Riley, morto durante un'operazione, verrà reintegrato.
Con una serie di stati da attraversare fino all'Arizona, oltre 2000 km da percorrere e Lulù da tenere a bada perché soffre di disturbi da stress post traumatico, il viaggio si rivela ben presto ricco di sorprese, momenti esilaranti – vedi l'arrivo nella fattoria di una coppia âgée che possiede niente meno che una serra di marijuana o la truffa nell'hotel di lusso nel quale Tatum si finge cieco per accaparrarsi una bella stanza e soprattutto un comodo materasso per Lulù – ed altri commoventi dai quali si evince il rapporto di fiducia che ranger e cane a poco a poco riescono ad instaurare.
E' un film estremamente personale Io e Lulù e lo si percepisce dalla regia, molto intima, curata e priva di inutili virtuosismi, e dalla fotografia, che cattura i momenti di comunione tra uomo e cane, sfruttando la luce del tramonto o le ombre di certe notti passate alla bell'e meglio e incorniciando gli splendidi e sterminati paesaggi dell'Ovest americano. Non solo: la bellissima colonna sonora, che spazia dalla Cavalcata delle Valchirie a The lion sleeps tonight, fino a Kenny Rogers e alla musica country di Chris Stapleton che chiude il film con la sua bellissima Starting over, accompagna le immagini che scorrono dolcemente verso il commovente happy ending; si può dire, non è uno spoiler!
Lo stesso Tatum ha infatti imposto come regola che al cane non succedesse nulla perché chi li ama, non sopporta di vederne la morte sullo schermo. Ma i fazzoletti preparateli comunque perché se ne possedete uno o più, magari adottati nei canili o recuperati dai volontari, non potrete non commuovervi di fronte ad una verità incrollabile e inconfutabile, ovvero quella secondo cui l'amicizia tra uomo e cane è un bene prezioso e indissolubile.
Una storia on the road, dunque, che mostra allo spettatore non soltanto le meravigliose vedute della Pacific Coast Highway ma soprattutto l'evolversi di un rapporto che, sfruttando il bagaglio emotivo dei due protagonisti, legherà saldamente l'uno all'altra.
Produttori di un documentario della HBO, War dog: a soldier's best friend, del 2017, Tatum e il suo socio e co-regista Reid Carolin, hanno preso spunto proprio dal lavoro di Deborah Scranton per raccontare, sotto un altro punto di vista, il rapporto di amicizia più antico del mondo.
E lo hanno fatto nel migliore dei modi, con un film tenero, godibile, che fa riflettere, che conserva sullo sfondo lo spettro della guerra, con tutto ciò che comporta per la psiche e il fisico ma che, soprattutto, parla di un amore incondizionato come quello che lega un cane al suo padrone.
L'immagine di Channing Tatum abbracciato alla bella Britta, nome reale del pastore belga che, fra le tre che hanno “recitato” nel film, è stata l'attrice principale, è di rara dolcezza. Il duro di White house down e il sexy ballerino di Magic Mike mette da parte i pettorali scolpiti ed esordisce alla regia raccontando una storia intima e delicata, toccante e divertente al tempo stesso. Una storia che amerete, provare per credere.