Inferno

E al terzo tentativo le cose sembrano andare un po’ meglio.
Il Codice da Vinci aveva la storia più innovativa, ma era affardellato da un’interprete decisamente inadatta, la scialba Audrey Tautou. In Angeli e Demoni (3 anni dopo), tutto andava a meraviglia fino a quel finale decisamente eccessivo.
Ora, in Inferno, abbandonata la caccia al tesoro ad ogni costo, ci troviamo finalmente di fronte ad un plot più complesso e variegato, seppur sempre con il gusto dell’indizio e della nozione storica.
Certo il buon Tom ha i suoi bravi 10 anni in più e, nonostante jogging e dieta, si vede, ma il film scorre sereno anche grazie alla freschezza di Felicity Jones, o forse alla Forza che scorre in lei.

Ron Howard gira con autentico mestiere, ormai rodato da kolossal ed episodi precedenti, in perfetto stile blockbuster: pulito, chiaro e con montaggi precisi, senza lasciare spazio all’immaginazione. Diciamo che siamo di fronte ad una quadro perfetto, ma senza l’anima della Gioconda. Un po’ quello che l’odierna industria cinematografica è usa propinarci, visti i palati piuttosto rozzi del pubblico pagante, l’unico che conta davvero.
E’ stupefacente come il regista di Duncan sia in grado di asservirsi all’industria senza batter ciglio, avendo di suo grandi potenzialità come quelle viste in Rush.
Diverso il discorso per Tom, probabilmente blindato da facoltoso contratto, che comunque può sempre gongolare pensando a Sully.

La storia è presto fatta. Un pazzo miliardario, Zobrist (comincia sempre con la Z come Zorin, il pazzo con le stesse ambizioni di 007) – interpretato dal sempre sorprendente Ben Foster- decide che il mondo è sovrappopolato e che una sana epidemia, in grado di ridurre del 50% la popolazione mondiale, sia l’unica cura.
L’organizzazione mondiale per la sanità decide quindi di intervenire e coinvolge il professor Langdon per cercare di trovare la chiave per debellare il virus. Purtroppo anche i “cattivi” sono sul pezzo e tentano immediatamente di eliminarlo. Lo troviamo quindi all’apertura del film, in stato confusionale al Pronto Soccorso mentre cerca di salvarsi.

Molto adrenalinico e decisamente action, quindi, questo terzo capitolo in cui Dan Brown, e di riflesso il film, mette su una scenografia molto filmica per sviare lo spettatore. Per evitare che tutto sia chiaro e facilmente intuibile, sfrutta le amnesie del suo protagonista, per celare i tasselli fondamentali del mosaico ed impedirci di precederlo verso la soluzione. Alla fine una grande cospirazione, ma che non lascia il segno, anche per il sottoutilizzo di molti degli attori, piacevole, ma nulla più.