Infernet

Dall’immagine del corpicino del neonato privo di vita sulla riva del mare al video di una giornalista decapitata dai terroristi, non mancano certo i riferimenti alla più terribile cronaca d’inizio terzo millennio all’interno della nona fatica registica di Giuseppe Ferlito, autore, tra l’altro, di Femmina (1998) e La verità negli occhi (2014).

Del resto, partendo da un soggetto a firma di Marcello Iappelli e del Roberto Farnesi, anche coinvolto nei panni di un attore dedito alla beneficenza, come il titolo stesso lascia intuire è l’inferno in cui può trasformarsi la ormai tanto abusata rete a trovarsi al centro della oltre ora e cinquanta di visione, strutturata in cinque diverse storie destinate ad intersecarsi tra loro.

Cinque storie che, al di là del già citato interprete di Italian gigolò (1989), tirano in ballo un Ricky Tognazzi sposato con Daniela Poggi e in preda al vizio per il poker online, un sacerdote accusato di pedofilia con le fattezze di Remo Girone, la esordiente Giorgia Marin impegnata insieme a due coetanee minorenni a ricattare – dopo averli filmati – gli adulti con cui fanno sesso e un Leonardo Borgognoni che si unisce ad una gang di giovani bulli borghesi dediti a riprendere le loro bravate. Bravate comprendenti addirittura il pestaggio di una coppia di omosessuali, man mano  che Katia Ricciarelli, la cesaroniana Laura Adriani ed Elisabetta”Denti”Pellini arricchiscono ulteriormente il ricco cast di un’operazione che, in un certo senso, richiama alla memoria l’idea alla base dell’americano Disconnect (2012) di Henry Alex Rubin. Ricco cast le cui non sempre convincenti prove, però finiscono per rientrare inevitabilmente tra i difetti dell’insieme, caratterizzato da un look generale destinato a renderlo più vicino ad una fiction per il piccolo schermo che ad un lungometraggio da visionare sul grande.

Sebbene la non disprezzabile maniera in cui le vicende vengono intrecciate riesce a far sì che lo spettatore provi non poco interesse nei confronti delle scottanti tematiche affrontate... apprendendo, oltretutto, che, nella sempre più fredda e frenetica epoca della civiltà telematica, pare essere giunto il momento di fermarsi per consentire alle nostre anime di raggiungerci.