Illegittimo: Adrian Sitaru compie una riflessione viva e a tratti straziante sulla complessità dell’amore

Attorno a una tavola apparecchiata per la cena, il patriarca di famiglia (il vedovo Victor) intesse ai suoi quattro adulti figli una lezione filosofica sul tempo, sulla vita, sui cambiamenti. Una scena di raccoglimento famigliare che appare solenne e placida ma che muta completamente di registro quando, en passant, uno dei figli riferisce al padre di aver letto il suo nome tra le liste dei medici anti-abortisti che operavano durante il regime di Ceausescu.

L’affermazione arriva come una doccia gelata sull’intera tavolata, ma ancor più gelida sarà poi la risposta del padre a quelle ‘accuse’, dal momento che egli non solo confermerà di esser stato convinto obiettore, ma affermerà anche di aver così salvato la vita ai suoi due gemelli Sasha e Romi, che la madre avrebbe voluto abortire. La rivelazione scatenerà un acceso dibattito famigliare, e aprirà squarci di riflessione e di dolore specie nella vita della giovane ventiduenne Sasha, per la quale il fardello della scelta tra vita e morte sembra riproporsi ciclicamente. Uno stato di cose dunque non solo relegato a quel passato appena appreso, ma ancorato anche a quel suo presente (illegittimo?).

Ancora sulle contraddizioni di una società in bilico e a metà strada tra aspirazione e incompiutezza, il cinema di Adrian Sitaru (questo Illegittimo è praticamente coevo all’altro interessante lavoro Fixeur - sul tema della prostituzione minorile) muove il suo sguardo attraverso le ombre di un essere, ed esistere, più che mai complessi. Scandagliando in profondità la dimensione di una grande famiglia con padre medico ex abortista e i suoi quattro figli oramai tutti adulti e forti delle loro idee, Illegittimo scava nel dramma di genitorialità complicate, non convenzionali, conflittuali.

In perfetta linea con la cifra del cinema dell’Est contemporaneo, il verismo del film di Sitaru è dato da una immersione totale nei tempi del reale, da una scansione fluida degli spazi e delle scene che aprono e chiudono senza soluzione di continuità la narrazione. Tutto accade qui e ora costringendo lo spettatore a far parte della scena, dei momenti che si susseguono. Che sia l’apertura su una cena da cui tutto si disvela o i serrati momenti di riflessione e confessione determinati in camera da letto, nel bagno, in cucina, ogni scena ha e assume un peso specifico imponente.

Dalla coralità iniziale, però, il film muove presto sul fuoco dei sui due bellissimi protagonisti, quei due gemelli uniti da un amore controverso e inscindibile, forse frutto proprio di quella gravidanza ‘obiettata’, e ora alle prese con un fardello ancora più grande di loro. Un legame assoluto che si specchia in un dolore ancora più totale  dove la dimensione di una scelta sembra di fatto avere un peso enorme, fagocitante. La camera da letto, il soggiorno, il bagno, la cucina diventano così spazi “vivi” attraverso cui il dramma si trasferisce, spazi in cui fermarsi e piegarsi a una riflessione sincera sui legami, sull’amore, sui dolori del passato e sulle speranze di quel presente che sarà presto futuro. Quel che è stato che in fondo sfuma e si perde in quel che sarà. In tensione tra passato e presente, scelta e rimpianto, nascita e morte, Illegittimo è un film che svela una sensibilità enorme nell’affrontare il tema dell’amore: un amore inquadrato da una prospettiva forse inimmaginabile ma non per questo meno reale, importante o profondo.

Affidandosi a un cast di primissimo livello dove la qualità emerge da ogni singola inquadratura, e cullandosi nella malinconia della Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven che raccorda il livello emotivo e sonoro dell’opera, Adrian Sitaru compie una riflessione a tratti straziante sull’amore tutto: quello incompreso e quello meno convenzionale, quello conflittuale e quello assoluto, così potente da andare oltre ogni possibile ostacolo. Il bello dell’amore e delle sue mille manifestazioni, incluse quelle che spesso e volentieri facciamo fatica a riconoscere, e troppo spesso anche a comprendere.