Il viaggio di Fanny: il nazismo vissuto dai bambini, in un film da far vedere ai nostri figli.
Uscirà al cinema in occasione della Giornata della memoria il bellissimo film di Lola Doillon, Il viaggio di Fanny, ispirato alla vera storia di Fanny Ben – Ami, una ragazzina di appena dodici anni che si ritrovò alla guida di uno sparuto gruppo di fuggiaschi durante i rastrellamenti avvenuti in Francia nell'estate del 1943. Non è certo il primo film che racconta la Shoah con lo sguardo dei più piccoli: basti pensare a Il bambino con il pigiama a righe o La chiave di Sara. Ma la Doillon è riuscita nell'impresa di raccontare la cruda realtà rendendola quasi poetica e mettendo in primo piano la forza di Fanny e dei suoi piccoli amici, la loro brama di vivere e ed il loro coraggio. Sono nove: la più grande è Diane che ha diciassette anni ma parla poco il francese, i più piccoli ne hanno circa sette. Giocano spensierati in una delle numerose colonie in cui molti genitori portavano i loro figli durante la Seconda Guerra Mondiale, per proteggerli dall'oscura minaccia del nazismo, fino a quando sono costretti ad allontanarsi.
Intraprendono così un lungo viaggio a tappe che li porterà a conoscere l'autoritaria madame Forman, a spostarsi da una casa all'altra, da una stazione ferroviaria all'altra. Vengono catturati ma riescono a scappare e per loro inizia un percorso di crescita che li farà passare repentinamente dall'infanzia all'età della ragione, pur mantenendo la loro innocenza e il loro essere bambini. Un fiume che scorre nel bosco è acqua che li disseta ma è anche l'occasione per giocare e schizzarsi a vicenda; un rifugio semi diroccato sulle montagne offre loro riparo e diventa al contempo una casa in cui fare come i grandi e dividersi i compiti. Tra un nascondiglio e l'altro, riescono comunque a trovare il modo di essere se stessi, dei bambini.
Hanno paura ma non cedono ad essa. Si proteggono a vicenda, i grandi curano i più piccoli e quando necessario, durante le lunghe camminate, li prendono in braccio, facendo gioco di squadra. La loro tenacia colpisce nel profondo e la vicenda, così come la racconta la regista, è talmente coinvolgente da commuovere a più riprese. Quella di Fanny e dei suoi compagni di viaggio è una storia emozionante, un piccolo barlume di salvezza in un periodo che vide la morte di sei milioni di ebrei.
Il tocco della Doillon è intimo e delicato e la fotografia, che sfrutta abilmente luci e ombre, e la musica, le cui note si fanno alternativamente intense e malinconiche, rendono la narrazione ancora più suggestiva, donandole un'aura poetica e nostalgica.
Tenendo fuori morti e bombardamenti, la regista si è concentrata sul pathos dei bambini, sulle loro certezze infrante – come le lettere della mamma di Fanny che tutto ad un tratto smettono di arrivare - sulle loro storie personali e sulla grande, grandissima opera delle associazioni che si occuparono dei minori durante il conflitto mondiale. La figura di madame Forman, interpretata dalla bravissima Cécile de France, è infatti ispirata a Nicole Weil-Salon e a Lotte Schwarz, che sacrificarono la propria vita per aiutare i piccoli ebrei a nascondersi: l'attrice, che la Doillon conosceva dai tempi dell'Appartamento spagnolo di cui fu aiuto regista, è stata conquistata immediatamente dalla sceneggiatura e, commossa, ha voluto farne parte.
La stessa Fanny, che è ancora in vita, oltre ad aver pubblicato il libro al quale è ispirato il film, è andata di persona sul set e, preoccupata di calarsi nuovamente in quei terribili giorni di tanti anni or sono, è stata invece accolta dal vivace gruppo di bambini, sinceramente interessati al suo passato. Rasserenata dalla volontà della regista di trasmettere la sua storia, Fanny compare brevemente sui titoli di coda. Sorride timidamente ma trasmette una forza inesauribile. Quella che ha portato lei e i suoi amici fino al confine con la Svizzera, attraversando boschi e montagne, nascondendosi ai soldati tedeschi, soffrendo la fame e il freddo. La sua vicenda è talmente intensa ed emotivamente coinvolgente che si rende perfetta per il pubblico dei più giovani, tanto che la stessa Lucky Red, casa di distribuzione del film, ha organizzato una serie di proiezioni mattutine per le scuole.
Il viaggio di Fanny, vincitore del Giffoni Film Festival 2016, è l'occasione buona per far vedere ai nostri figli cosa hanno patito i loro coetanei ebrei circa 70 anni fa, magari mettendo una pietra sopra capricci e inutili lamentele e aprendo loro la mente su temi come il coraggio, la forza di volontà e la solidarietà.