Il muro tra di noi – Confronti generazionali specchiati nel complesso muro dell’incomunicabilitÃ
Un uomo e padre (Ivano Marescotti) che ha perso la compagna di una vita e le parla ritrovandola in un fiore. Dei figli che tentano di colmare quel lutto con la loro presenza eppure non riescono. Così quando Monica (Vanessa Montanari) fugge di fronte all’ennesima difficoltà di gestione del padre, Alex (Stefano Pesce) resta da solo a condividere con il genitore una grande casa divisa da uno spesso ma invisibile muro di incomunicabilità. Negli spazi ampi attraversati da corridoi che invece di congiungere sembrano dividere, mentre uno è aggrappato al ricordo di una moglie che non c’è più, l’altro vive nella frustrazione di non vivere con la propria figlia il rapporto che vorrebbe.
Due uomini ugualmente soli che incarnano due generazioni a confronto e che tentano (a fatica) di superare quel muro di incomunicabilità e incomprensione che li divide, ma che in fondo (pure) li unisce. Perché in realtà a proiettarli in quella “distanza prossima” è proprio il confronto/scontro che quasi sempre si determina nella specularità del passaggio genitore/figlio, e in quel ciclo della vita che torna e si ripete. E dunque è proprio quel “Volevo essere diverso da te” a riecheggiare nel silenzio e nell’incomprensione, e che deve in fondo trovare una propria via di risoluzione. Speculari e diversi, il padre e il figlio di Marescotti e Pesce cercano infine di ritrovare nel quadrilatero dispersivo della loro casa, un po’ di quella magia che sempre alimenta i legami di sangue e che spesso però svanisce e si spegne nella frenesia delle singole vite, delle singole idee, e dei singoli inconciliabili punti di vista.
Il giovanissimo regista Federico Del Buono (classe 1992) realizza il suo secondo lavoro dal titolo Il muro tra di noi, che arriva dopo il primo apprezzato corto Conquista il mondo.
Il muro tra di noi è una storia famigliare attraversata dalla tipica tragicità dell’incomprensione e della lontananza che spesso si insinua tra persone vicinissime eppure lontane, come appunto un padre e un figlio. In due ruoli ben sagomati su di loro, Marescotti e Pesce duettano con una buona alchimia emotiva lasciando emergere il dolore latente che si prova quando si vuole manifestare amore e non si riesce, quando si vorrebbe essere più vicini ma inesorabilmente ci si allontana, quando basterebbe ripartire un attimo da quel “fischietto di magia” che segna l’inizio funzionale dei legami e dei rapporti per ritrovare la complicità e la prossimità andate perdute strada facendo.
Una riflessione bella e accorata su quelle distanze che non vorrebbero né dovrebbero essere tali.