Il matrimonio di Rosa, ovvero: mai smettere di inseguire i propri sogni
Una piacevolissima sorpresa Il matrimonio di Rosa, di Icíar Bollaín; una commedia che si preannunciava vincente fin dal trailer ma che ha superato le più rosee - il gioco di parole è venuto da sé- aspettative. Candela Peña è infatti la protagonista non soltanto di un film ben scritto – dalla stessa regista e da Alicia Luna -, armonico, scorrevole, divertente e commovente al tempo stesso, ma di un vero e proprio inno alla vita, una autentica esortazione ad inseguire i propri sogni, anche quando si è over 40.
Rosa è infatti una donna di quasi 45 anni, ha una figlia, due nipotini, un papà rimasto vedovo di recente, un fratello ed una sorella e lavora come sarta per una produzione teatrale. Fin qui, tutto normale: se non fosse che il papà vuole solo lei per andare a fare le analisi di controllo e decide di punto in bianco di trasferirsi a casa sua, il fratello le chiede di mettere a letto i figli ogni sera, la sorella non si occupa minimamente del suddetto padre, la figlia vive a Manchester e non riesce a parlarle per poco più di qualche secondo via Skype. Non solo. La vicina parte e molla alla malcapitata Rosa una quantità esorbitante di piante da innaffiare e al lavoro nessuno degli attori sa cosa deve indossare perché c'è Rosa a fare il memorandum per tutti.
Last but not least, la sua amica più cara le molla il gatto per andare a farsi una vacanza.
Inutile dire che la dolce, servizievole, generosa Rosa, ad un certo punto, come si suol dire a Roma, sbrocca. Molla armi e bagagli e torna nel paese natio, Benicasim, una cittadina sul mare, a nord di Valencia, dove l'amatissima mamma aveva una grande sartoria. Rosa sogna di riaprirla e riavviarla: e quale migliore occasione di comunicare le sue intenzioni se non il suo matrimonio? Ma la famiglia è in agguato e il divertimento e le discussioni non mancheranno di certo.
Rosa infatti vuole sposare se stessa: decide di non sacrificarsi più per gli altri e di mettere il rispetto per sé al primo posto.
Sì, può sembrare inverosimile se non addirittura assurdo ma sappiate che la regista, insieme ad Alicia Luna, ha preso spunto dai “solo weddings” che sembra stiano spopolando in Giappone. Molte donne infatti, consapevoli del fatto che avere delle belle foto e vivere un giorno così speciale sia importantissimo non solo a livello sociale ma anche per la propria autostima, hanno iniziato a sposarsi con se stesse, organizzando appunto un matrimonio in solitaria che segua comunque i vari step del classico “grande giorno”: dal servizio fotografico alla vettura di lusso, fino al trionfo di fiori e all'abito dei propri sogni.
Se in Giappone il “solo wedding” sembra avere una valenza principalmente sociale, nel resto del mondo, inclusa la stessa Spagna, sembra che sempre più donne abbiano iniziato a concepire il matrimonio con se stesse come l'occasione per riprendere finalmente in mano la propria vita, promettendo di amarsi e rispettarsi, proprio come farebbero nei confronti di un consorte. Il sottotesto che pian piano emerge con forza, scena dopo scena, è infatti quello, più attuale che mai – ancor più a seguito della pandemia – del seguire i propri sogni e del ritrovare l'amor proprio. “Se vuoi che gli altri ti trattino con rispetto e con amore, devi trattarti con rispetto e con amore tu per prima” dice la protagonista ad un certo punto. E questa verità è a dir poco innegabile. Ma tanto spesso sepolta sotto obblighi familiari e lavorativi.
Colorato, brioso, fatto di personaggi autentici, che potremmo incontrare in ogni dove, che potrebbero addirittura far parte delle nostre famiglie: personaggi buffi e nevrotici ma dal cuore grande. Personaggi perfettamente cuciti sugli attori che li hanno interpretati: dalla superba Candela Peña, il cui sorriso e la cui forza illuminano lo schermo, a Sergi Lopez, il cui lavoro e il cui matrimonio sembrano fare acqua da tutte le parti, fino a Nathalie Poza, sorella e zia casinista e un filo troppo dedita all'alcool.
Il film di Icíar Bollaín - moglie di Paul Laverty, volto simbolo di alcuni film di Ken Loach - alterna momenti di grande riflessione ad altri più leggeri, di quella leggerezza che, oggi più che mai, serve per tornare a sorridere, anche se ancora coperti dalle mascherine.