Il Grande Spirito: Taranto tra sogno e realtà

Un film tutto girato sui tetti di Taranto, Il Grande Spirito di Sergio Rubini. Una Taranto ripresa con i colori delle prime sequenze di Blade Runner, schiumante fuoco e fumo che fuoriesce dalle ciminiere di cemento armato. Un film che miscela degrado e poesia per raccontare una storia  che si libra sul confine tra il reale e l’immaginario. Tonino e Renato (Sergio Rubini e Rocco Papaleo) sembrano personaggi usciti dal mondo delle maschere di una commedia dell’arte. Ladruncolo, vigliacchetto e sbruffone il primo, picchiatello e alienato il secondo, accomunati dal sogno di una fuga dalla realtà che li circonda, che siano le spiagge di Sharm el Sheikh o le lande desolate e ghiacciate del Canadà… I due si incontrano su un tetto di una palazzina popolare e su questa si lasceranno dopo essersi prima scontrati e poi alleati contro un mondo violento e brutale. Il tema della fuga e del riscatto attraversa tutta l’opera, coinvolgendo personaggi di contorno che disegnano una realtà squallida e di forte imbarbarimento.

Rubini, sin dalle prime concitate sequenze, mostra di aver ormai raggiunto una grande maturità nel muovere la macchina da presa. Il Grande Spirito è un film nel quale la regia enfatizza le pieghe di una sceneggiatura che ha nel disegnare i personaggi il suo pregio migliore. Le relazioni tra di essi, la progressiva saldatura dei rapporti che si colorano sempre più dei toni della solidarietà e della compassione, costituiscono l’ossatura dell’opera che si snoda fino ad un finale epico e poetico.

Rubini e Papaleo, si fronteggiano e si tengono testa colmando vicendevolmente le debolezze e le lacune dei personaggi che interpretano, dando luogo ad uno spassoso e raffinato duettare che impreziosisce il film. I due attori si divertono e divertono, senza mai scadere nella macchietta.

Il film, dunque, attinge alle acque chiare della commedia popolare e a quelle scure del crime. Tra i due generi veleggia la dicotomia tra realtà e fuga da essa, che, in qualche modo, è la metafora di Taranto, una città sospesa verso il sogno di una emancipazione da una attualità foriera di morte e malattia.