Il Corriere - The Mule: L’highlander Clint

Aveva detto che avrebbe smesso… ed erano più di 10 anni fa!
Poi si è messo “di nuovo in gioco” e ora eccolo nei panni del pensionato, acciaccato e con molto da recriminare, ma che ama la vita come pochi.
La macchina da presa, invece, non aveva mai promesso di lasciarla e infatti ne ha sfornati veramente parecchi, quasi alla Woody Allen nell’ultimo decennio, e a dirla tutta anche un po’ meglio.

Questa volta è quasi un road movie, che in realtà è un’apologia sulla gioia di vivere e sul non voler mettersi in un angolo ad aspettare la morte, ma d’altronde… “nessuno mette baby in un angolo”.
Earl Stone è un anziano coltivatore di orchidee travolto dalla crisi “internet”.
Con l’azienda chiusa, e privo di solidi legami con la sua famiglia, avendogli sempre anteposto il lavoro, Earl perde la bussola.
La possibilità di essere ancora utile a qualcuno, magari con dei soldi da devolvere, è la molla che lo spinge a lavorare per il cartello, senza porsi alcuna domanda etica.
Il resto è strada da percorrere…

Come al solito il film di Estwood non prende alcuna posizione, ma semplicemente ci presenta il suo protagonista e la sua vita. Le sue scelte, sempre in maniera asettica, e lascia noi a giudicare.
E come si fa a condannare un uomo travolto in parte dal sistema e in parte da se stesso, che semplicemente viaggia godendosi la vita e utilizzando i soldi, illeciti, per aiutare gli altri?
Mettiamoci anche che il protagonista è Clint Eastwood, che è un po’ come il tuo vecchio nonno che ha fatto la guerra e ti racconta le storie incredibili, facendoti vivere avventure impensabili.
E’ chiaro da che parte si sta.

Inutile che Bradley Cooper faccia il duro, lo sbirro tutto di un pezzo, l’ammiccante americano medio… inutile. Tiferemo sempre per Clint. Il Clint che dispensa consigli anche ai suoi nemici (e chissà che non sia stato qualcuno di questi a mettere Bradley dietro la cinepresa di A Star is born).
Non sappiamo se questo sarà l’ultimo film di Clint come attore, regista o produttore e non è nemmeno uno dei suoi capolavori, ma è sempre un gran piacere per gli occhi.

L’idea nasce da un articolo di giornale, ma poi diventa parte della vita del protagonista. Non si può non vedere l’analogia tra Earl e lo stesso Eastwood che alla settima arte ha sacrificato sicuramente qualcosa di suo.
Trovare nel cast, nei panni della figlia, proprio Alison Eastwood (la figlia), scelta da lui che non ha mai messo figli nelle sue opere (ad eccezione dei ruoli da bambini), è già di per se un segnale forte.
Quindi potrebbe essere anche un film catartico, o forse no, di sicuro è una fortuna per noi che ce lo possiamo godere.