I was there

È dedicato a coloro che sono caduti e a quelli che continuano a vivere il quinto lungometraggio diretto dal messicano Jorge Valdés-Iga, il cui punto di partenza sono i tragici attentati terroristici che portarono, l’11 Settembre del 2001 ,alla distruzione delle imponenti Twin Towers di New York, provocando migliaia di vittime innocenti.

Perché, con le fattezze di un ottimo James Augustus Lee che è anche ideatore del soggetto, ne è protagonista il vigile del fuoco Gus Johnson, il quale si è trasformato in un eroe nazionale proprio dopo essere sopravvissuto alla strage attuata da figure aderenti ad al-Qaida; per poi abbandonarsi all’alcool a causa di una triste verità gelosamente nascosta. Aspetto negativo che gli fa perdere la famiglia, la sua dignità e il figlio Franky alias Sebastián Zurita, con il quale porta avanti un complicato rapporto destinato ad avere la sua importanza nel corso della oltre ora e mezza di visione. Come pure la madre catatonica su sedia a rotelle; man mano che fa la sua entrata in scena la figura di un fotografo di colore interpretato da Carl Ford e che l’uomo si trova alle prese con un inaspettato ricatto che gli permette di scoprire l’accettazione della fragilità umana, radice di ogni eroismo.

Tutti elementi sfruttati con l’evidente fine di concretizzare su grande schermo una storia di sofferenza e redenzione per immergerla in una avvertibilissima atmosfera di abbandono e solitudine. Atmosfera che, però, non risulta sufficiente, da sola, a salvare il primo tempo di un elaborato che non manca di peccare in maniera eccessiva in staticità, tanto da rischiare di spingere lo spettatore a sprofondare in un sonno liberatorio.

Primo tempo destinato fortunatamente a precedere un’ultima parte che è, a detta del regista, a liberissima interpretazione, ma che, nello sfoderare diverse interessanti simbologie capaci di suggerire forse un certo sapore ultraterreno all’epilogo, non sfugge dal regalare quella spruzzata di indispensabile poesia che finisce per rivelarsi l’elemento più affascinante ed interessante di un’operazione altresì lontana dall’essere riuscita.