Hope – La speranza (dell’amore)

Anja (43 anni) è una produttrice teatrale di fama internazionale. Vive con il compagno Thomas (Stellan Skarsgård) e una grande famiglia allargata che comprende i tre figli del compagno e i tre figli biologici della coppia. La sua è una vita fitta di impegni lavorativi e ricca di incombenze famigliari, in cui spicca la lieve tristezza di un rapporto di coppia oramai spento, indefinito, da troppo tempo trascurato. Poi un giorno, reduce da una tournee e con le festività e preparazioni natalizie che incombono, Anja scoprirà di avere un tumore al cervello. Un male incurabile, forse operabile, ma che le lascia - quasi senza appello - solo pochi mesi da vivere. A quel punto, la necessità di assumere piena coscienza della sua vita prima di prenderne effettivo congedo, spingerà la donna a rimettere in discussione sé stessa, i suoi affetti, a confrontarsi con l’amore e i conflitti dei figli, e soprattutto con i sentimenti da e verso il suo compagno Thomas. Giorni di un calvario intenso vissuti in bilico tra la vita, e quella speranza intrinseca che fino all’ultimo si porta con sé, e la morte, un’entità inafferrabile e oscura che incarna – in ogni caso - l’impossibilità di rivedere e rimediare a ciò che è stato in vita.

La norvegese Maria Sødahl tratta con estatica delicatezza il tema della malattia, e della morte, quali strumenti fondanti di elaborazione dei lutti della vita. Hope è infatti analisi profonda e lancinante delle difficoltà relazionali nella loro interezza, nell’incapacità che si ha (spesso) in vita, di esternare i propri sentimenti fino in fondo e oltre le apparenze.

Seguendo da vicino ma sempre con grande riguardo i due ottimi protagonisti (una bravissima Andrea Bræin Hovig e un commovente Stellan Skarsgård), la regista norvegese riabilita così la tragedia della morte a una speranza (seppure flebile) di vita - migliore. Con un impianto teatrale capace di portare alla luce tutto il realismo degli stati d’animo più pungenti, delle emozioni espresse e soprattutto inespresse, Hope è opera che mette a nudo forza e debolezze umane di fronte alla grande tragedia e incognita del “dopo”. Ma allo stesso tempo, Hope esprime anche con lacerante dolore quanto l’idea della privazione sia in grado di ristabilire alcuni equilibri, alcune speranze, paradossalmente smarriti nella routine, nella consuetudine della presenza.

La speranza dell’amore è dunque ciò che accompagna la protagonista nel suo viaggio verso la presa di coscienza del suo futuro, e del suo presente, rimediando (forse in extremis) a tutta una serie di parole non dette ed emozioni non espresse, rilanciando il tema della fiducia e della vicinanza data dai piccoli gesti (mani che si sfiorano, occhi che si guardano, parole che affiorano dal silenzio) come uniche medicine a un malessere interiore che se presente in vita è destinato a transitare anche in morte. Un’opera penetrante ed estremamente espressiva, capace di una doppia marcia, che sa essere angosciosa e rinfrancante al tempo stesso.

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