Hereditary - Le radici del male, l'inquietudine di un horror quasi perfetto
Arriva l’estate, stagione in cui le sale cinematografiche iniziano a svuotarsi e le nuove proposte filmiche a diventare sempre più scarse e di minor valore artistico. In questo periodo dell’anno spopolano infatti i cosiddetti film di serie B o di genere, come ad esempio gli horror. Ma a volte le apparenze ingannano, e dietro qualche titolo in uscita si cela invece un’opera di tutto rispetto: Hereditary - Le radici del male, stupefacente lungometraggio d’esordio del trentaduenne newyorkese Ari Aster, qui anche in veste di sceneggiatore.
Alla morte della misteriosa e riservata nonna Ellen, la famiglia Graham, venuta a conoscenza di orribili segreti legati alla propria discendenza, è sprofondata in una dimensione oscura. Scavando sempre più a fondo nel loro passato genealogico, i Graham si ritroveranno a dover affrontare un sinistro destino che sembra abbiano ereditato. Annie (interpretata dalla magistrale Toni Collette) vive in uno stato di shock continuo, ma è anche sollevata dalla morte della mamma. Suo marito, Steve (Gabriel Byrne), sembra distante e ignaro di quanto stia accadendo. E così, mentre il loro primogenito (Alex Wolff) fuma erba, nella figlia tredicenne (la bravissima Milly Shapiro), che cammina come se fosse costantemente in trance, iniziano a intravedersi i primi segni di disturbo...
Acclamato come horror dell’anno al Sundance Film Festival, Hereditary è un film straordinariamente insano e straniante che, pur rievocando alcuni classici degli anni ‘60 e ‘70 - Rosemary's Baby di Roman Polanski (1968) e L’esorcista di William Friedkin (1973) –, riesce comunque a scrollarsi di dosso i fin troppo abusati cliché legati al terrore. Sì, perché nel lavoro del regista statunitense ciò che predomina non è lo spargimento di litri di sangue, né tantomeno i momenti di paura ad effetto, no, qui a tenere inchiodati gli spettatori alla poltroncina è il graduale e inesorabile crescendo di inquietudine: 127 minuti di perfetta visione maledetta e perturbante. Le eccezionali e numerose lente carrellate accompagneranno il pubblico all’interno di un dramma familiare dove la realtà del dolore della perdita, del timore dell’ereditarietà di una malattia mentale, dei conflitti generazionali e delle angosce adolescenziali si mescolano a meraviglia con i misteri del mondo soprannaturale.
Nonostante la ‘pellicola’ di Aster sia priva, o quasi, di splatter, vi sono due o tre sequenze che rimarranno a lungo nella mente di chi le vedrà, e non tanto per le immagini in sé, quanto per la costruzione delle stesse: apoteosi della struttura narrativa in totale sintonia con la messa in scena. In questa atmosfera disturbante e al contempo affascinante, la cura per il particolare e per l’estetica è formidabile. Ogni piccolo oggetto, suono, o apparentemente irrilevante inquadratura, diviene inoltre un chiaro indizio, per chi saprà coglierlo, di quel che accadrà. Nulla in Hereditary è infatti lasciato al caso, tutto segue un filo logico, finanche quello illogico!
A credere in questo progetto sono stati Daniel Katz, David Fenkel e John Hodges, fondatori della A24, Casa di distribuzione e produzione cinematografica che prende il nome proprio dalla nostra autostrada Roma-Teramo. Nata nell’agosto 2012, in meno di 6 anni la A24 è stata artefice di film quali Enemy, Under the Skin, Ex Machina, Room, The Witch, The Lobster, il premio Oscar Moonlight, The Florida Project, Lady Bird e The Disaster Artist, e non stupisce quindi che la lungimiranza di Katz, Fenkel e Hodges abbia consentito ad Ari Aster di realizzare il suo splendido lavoro in totale libertà. Il risultato?
Beh, l’unico modo per conoscerlo è quello di scoprirlo personalmente andando al cinema a partire dal 25 luglio - data d’uscita nelle nostre sale grazie sia a Key Films che a Lucky Red -, e statene certi... non resterete delusi!